Tuffi/50
Complimenti non richiesti, incel marxisti culturali, Luca Sofri, ingenuità progressiste
Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
Beppino Cruciani, che già in un Tuffo precedente (Tuffi/37) abbiamo ricordato essere un piccolo buio umano, un comodo riferimento contemporaneo quando uno deve fare un esempio di meschinità e non vuole citare i soliti Grandi Meschini del passato, ebbene Cruciani ha ospitato Michela Giraud nella sua tana pagata da Confindustria, La Zanzara.
Ci interessa un piccolissimo frangente di un’intervista (ovviamente insulsa) durata 12 minuti. Il frangente è questo: cercando di risultare provocatorio, Cruciani propone a Giraud uno dei più classici tòpos delle argomentazioni incel: se un uomo brutto vi fa (a voi donne) un complimento non richiesto, è una molestia; se invece ve lo fa un uomo bello, lo accettate come complimento. Da cui la famosissima base meme:
Risolviamo una volta per tutte questo apparente “paradosso” (parola già denunciata nel Tuffo precedente).
Le femmine non lo possono dire perché adesso hanno deciso di combattere la loro ragionevole battaglia femminista insieme ad altre minoranze pazze assurde e non-cartesiane, quindi non possono dire le cose come stanno. Con grande generosità, faremo questo sforzo per loro.
Cari incel, ebbene sì, la reazione a un complimento non richiesto può cambiare in base a chi compie l’azione. Nello specifico, in base alla bellezza di chi la compie. Fare un complimento ad alta voce implica l’attivazione di una relazione. Secondo intensità diverse, è come toccare il culo o fare l’amore. In occidente siamo arrivati alla conclusione che la consensualità è un ingrediente importante di queste attività e, se questa consensualità manca, l’attività stessa diventa svilente per entrambi i soggetti coinvolti. E poiché gli esseri umani sono creature molto sofisticate, hanno miliardi di percettori che intuiscono con discreta probabilità se un complimento andrà a buon fine o no, così come una palpata, etc. Senza arrivare alle idiozie del consenso scritto, e ricordando sempre che è vero che l’approccio carnale è fatto di tanti piccoli salti nel buio (la possibilità del palo, cioè di aver frainteso i segnali, è sempre reale e maggiore di zero), questi percettori predicono bene le possibilità, e quindi vanno tenuti in conto.
D’altronde non è il palo il problema che pongono sul tavolo gli incel e i Cruciani. Perché il palo preso genuinamente non rappresenta nessun problema sociale, e le poche femministe che se ne lamentano e vorrebbero ridurre a zero questo rischio vanno ignorate (più spesso compatite nella loro implicita richiesta di attenzioni). Il vero punto che sollevano gli incel e i Cruciani è che loro rivendicano il diritto di fare complimenti, e in generale di accedere al sesso, a prescindere dalla reciprocità di interesse e cioè a prescindere dalla loro appetibilità sessuale.
Questa utopia delirante ci ricorda
che incel e femministe pazze coi capelli viola sono apparenti nemici ma combattono su due lati della medesima barricata, fatta di bugie/illusioni autocompiacenti che loro stessi hanno creato.
che se la controversa etichetta “marxismo culturale” ha una qualche utilità per definire il grande quadro in cui si inseriscono i woke e tutta quella galassia di sigle e gruppetti, anche gli incel ne fanno parte a pieno titolo, poiché si identificano come classe autodichiaràtasi subalterna, con un programma molto chiaro: costruire il paradiso in terra, al di là dei costi di abbattimento della realtà che questa costruzione può comportare.
che la teoria incel è molto affascinante, e similmente al marxismo identifica molto nitidamente alcuni punti nevralgici attorno a cui si svolgono la vita e l’economia oggi. Però, come il marxismo, tanto è potente la parte analitica quanto è strampalata/assente la parte costruttiva, se veramente volesse muovere da quei 3-4 assunti fondamentali e radere al suolo tutto il resto dell’esperienza umana (compresa la naturale “ingiustizia” di questa esperienza).
Scuserete il tuffo molto prolisso di oggi, ma dobbiamo parlare anche di un’altra cosa. Piccola parentesi: è da circa un anno che il mio pendolo interiore oscilla tra l’abbonarsi e il non abbonarsi a Il Post (giornale diretto da Luca Sofri). Vari piccoli avvenimenti, articoli, commenti etc. mi fanno propendere un giorno per il “sì, sono felicissimo di sostenere questo giornale” a “mai neanche 1 centesimo mio deve finire nelle vostre mani”.
Oggi è un po’ il giorno del no.
Spero di risultare il meno aggressivo possibile verso Luca Sofri, persona che avrà senz’altro grandi meriti giornalistici e che seguo poco quindi non so giudicare nel complesso. Ci riferiamo quindi a questo singolo articolo, “Nasciamo Vannacci, è il dopo che conta” comparso sul suo blog, Wittgenstein.
In questo articolo Sofri dice sostanzialmente due cose (al di là di Vannacci, di cui non ci interessa parlare), una scemenza e una banalità:
1.
Il “progresso” delle civiltà è avvenuto grazie all’educazione delle masse: espressione che uso senza timori, considerando me e chiunque parte delle masse. Gli umani nascono conservatori, geneticamente votati alla conservazione di se stessi, difensivi, timorosi del cambiamento, della novità, del diverso nelle loro vite. La scoperta, la ricerca – e quindi anche l’amore per gli altri e diversi, piuttosto che il timore – crescono con la conoscenza e la comprensione delle cose.
2.
[…] Regressione civile a cui assistiamo, e di cui una parte di noi si duole, deriva da un’inversione di valori che ha portato a screditare la conoscenza, l’informazione, la cultura, a favore dell’ignoranza e della sua rivendicazione. […] C’è in giro da tempo una regressione verso l’ignoranza, in parte inerziale, in parte strumentalmente incentivata, in parte vilmente consentita […]. Regressione che ha occupato le attività di grandi servizi pubblici radiotelevisivi, di commentatori salaci, di tweet e di pensieri: riportandoci verso gli stati di ignoranza che ci fanno essere conservatori e frenando la crescita di conoscenza che ci fa essere progressisti. Una domenica bestiale, e ogni giorno è domenica. E hai voglia a scandalizzarti per Vannacci: a noi umani piace quella roba lì, e se vuoi educarci ad avere gusti migliori devi educarci, come alcune meritevoli avanguardie hanno fatto per secoli prima che diventasse una brutta parola e che decidessimo di tornare da dove siamo venuti.
La prima cosa è una scemenza assoluta. Pur con tutta la carità interpretativa, Sofri ripropone con piglio apparentemente profondo una favoletta che era ormai parecchio tempo che non capitava di leggere neanche sulle peggiori pagine di frasette motivazionali in bianco e nero con Mafalda sullo sfondo (ah il primo facebook, ah gli anni 2010): “il fascismo si combatte viaggiando e leggendo”, etc.
Tutta la cultura conservatrice sarebbe quindi una contraddizione in termini, perché per Sofri ogni tendenza conservatrice è un mero sintomo, quasi clinico, di ignoranza – da cui deriva che il progressismo sia un destino naturale, l’esito scontato e fisiologico della tecnica acculturante. È un pensiero talmente infantile che non inferiamo e non infieriamo oltre.
La seconda cosa, quella dell’ignoranza come moda, è senz’altro vera ma è una constatazione banalissima. Senza arrivare a Pastorizia Never Dies, sono 50 anni che è uscito il Fantozzi (citato nel pezzo di Sofri) che si alza in piedi a protestare contro la corazzata Potemkin. Quello che stupisce quindi è l’ingenuità e la mancanza di qualsivoglia inquadramento più ampio da parte di Sofri, che si limita a notificarci con almeno mezzo secolo di ritardo sulla tv che esiste il qualunquismo.
A voler credere a Sofri fino in fondo, sembrerebbe quasi che il qualunquismo sia il frutto arbitrario di alcuni individui cattivi, Salvini, Vannacci etc., che una mattina di qualche mese o giorno fa si sono svegliati e hanno pensato bene di incrinare il meccanismo perfetto di lettura -> cultura -> progressismo che scorreva placido dall’alba dei tempi.
Non chiedevamo a Sofri di dare la spiegazione definitiva di questa infatuazione delle grandi masse moderne per l’ignoranza. Si potrebbero fare tante ipotesi, più o meno materialiste o culturaliste: l’inceppamento del meccanismo di crescita e redistribuzione economica, che ormai non garantisce più un premio materiale a fronte di un sacrificio intellettuale/educativo; l’allargamento del bacino di utenza dell'offerta culturale un tempo riservata alle élite, da cui l’impossibilità di sentirsi anche solo simbolicamente diversi dalla medietà della massa, da cui il rifiuto di tutto ciò che viene dal mondo culturale; e come queste, infinite altre.
Quello che davvero stupisce, di uno stupore metodologico (poi magari è stato solo uno scivolone occasionale), è come il direttore di un giornale, forse il giornale online più quotato tra i 20-40enni di media o buona cultura in questo momento, possa essere così a corto di strumenti concettuali più ampi, cioè possa ritenere “notiziabile” e interessante una lettura così poco profonda, quasi cronachistica – cronaca di un fenomeno che ha già almeno mezzo secolo di vita, tanto nella società quanto sui media.
Tuffi numero 50, nozze d’oro! Allarghiamo la comunità tuffante: regala questo tuffo a un amico ché lo facciamo subito diventare progressista.