Tuffi/62
Sionismo fogliante, meme centrodestra, letteratura femminile, Biden passo indietro, podcast IA, Dirty Three
Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
In principio fu Meotti.
Parliamo un po’ del Foglio. Per chi conosce il giornale, il Foglio si è sempre vantato di una grande diversità di idee al suo interno. Magari non sono rappresentate proprio tutte le posizioni, ma tante, e spesso variamente intrecciate tra loro: c'è il conservatore morale che è liberale in economia, il conservatore morale conservatore in economia, il liberale liberale, etc.
Su un solo argomento sembra esserci una grandissima convergenza: il filosionismo. L’unico filo conduttore dal quale non si scappa è la difesa a ogni costo di Israele. E la ragione profonda di questa cosa ancora mi sfugge. Mi spiego: sarebbe naturale se il sionismo fosse semplicemente la linea ufficiale del giornale, cioè del direttore, magari dei finanziatori, di alcune storiche penne (ad esempio il fedelissimo Giulio Meotti); sarebbe anche naturale che quella linea non si potesse discutere pubblicamente, come avviene in ogni redazione per alcuni argomenti. Ma temo che l’adesione a questa linea sia più profonda. Ho condotto qualche sondaggio interno, e mi sembra che anche tra le firme più giovani aleggi o il classico disinteresse pilatesco, oppure un sincero filosionismo. Forse l’unica che se ne discosta, anche perché ormai ha un pubblico troppo grande e trasversale per mostrarsi così schierata da un solo lato, è la ben nota e ben brava C. Sala.
Gli altri restano un sincero mistero. Deve esserci un filo teorico, ancora poco studiato dalla scienza politica, che lega le tantissime posizioni rappresentate al Foglio e la voglia che ci sia uno stato per soli ebrei nel mezzo della Palestina.
Continua la fortunata serie “meme di centro-destra”:
Ancora sul Foglio, una polemicuccia più limitata. Qualche giorno fa è uscito un articolo di Antonio Gurrado, che prende un po’ in giro la letteratura femminile E (maiuscola, perché questo nesso verrà indagato a breve) il successo planetario di Elena Ferrante.
L’articolo in questione, nel complesso un po’ sconnesso, ha una parte centrale provocatoria ma in fondo carina, in cui fa una catalogazione spiritosa e abbastanza calzante:
“Nell’ultimo quarto di secolo, le autrici sono state divise in tre faldoni, che mi pregio di ribattezzare così: “io sono Malala”, per quelle che dimostrano impegno civile; “io sono malata”, per quelle che ostentano aspetti morbosi o lacrimevoli della psiche o del fisico; “io sono maiala”, per le ammiccanti o pruriginose, con o senza trilogia.”
Quello che non si capisce è cosa c’entri L’amica geniale, che non rientra in nessuna di queste categorie ed è un capolavoro indiscutibile (a detta di persone fidate che l’hanno letto, io purtroppo non ancora). Ma, soprattutto, è un libro scritto probabilmente da un uomo :)
In risposta ai toni di Gurrado, è partita la solita polemica femminista (e un po’ dispiace che le femmine continuino a cascare nelle trappole tese dai maschietti). Ma l’invettiva più curiosa è venuta da Eva Ferri, editrice di e/o, che pubblica Elena Ferrante. Ferri dice che non se ne può più della misoginia etc. etc., ma lo fa nella posizione di chi sta ancora nascondendo la vera identità (compreso il vero genere) di Elena Ferrante. E se dietro lo pseudonimo si nascondesse un uomo, come si vocifera da decenni? Cioè se la più brava scrittrice del mondo fosse in realtà uno scrittore? Lasciamo ai lettori l’esercizio di associare mentalmente i meme sui trans che partecipano alle competizioni sportive femminili.
Scuserete la volgarità di tornare su un recente Tuffo (Tuffi/60), in cui si parlava del rapporto tra Biden e i poteri forti. Non tanto per sottolineare che la previsione si è avverata (una volta tanto può capitare anche nelle migliori newsletter), ma perché penso sia utile alla comprensione dei fatti. In quella sede dicevamo che Biden, nonostante fosse già da tempo inadatto a una ricandidatura (già dal giorno dopo in cui è stato eletto, un’organizzazione potente avrebbe preparato la strada a un successore), con la sua ostinazione stava rivelando tutta l’assolutezza e l’autonomia del potere di un presidente.
Il fatto che, solo in seguito a tutte le suppliche e gli incoraggiamenti e le pubbliche minacce di tagli ai finanziamenti della campagna elettorale, abbia finalmente fatto un passo indietro, non smentisce affatto quell’assolutezza e quell’autonomia, anzi le conferma. Le conferma nella misura in cui conferma anche ai più agguerriti complottisti che i poteri forti volevano veramente che lui non si candidasse, e lui veramente ha cercato di candidarsi finché ha potuto. Con tutto il danno competitivo che questo ritardo ha portato alla campagna dei democratici. Paradossalmente, questo passo indietro è la conferma definitiva: viceversa, se fosse rimasto candidato fino alla fine della campagna, avrebbe ancora ammesso l’ipotesi che in realtà i poteri forti fingevano di essere ostili alla sua candidatura ma in realtà gli faceva comodo avere un fantoccio così smemorino e manipolabile per le mani. E invece no. Era proprio come ci raccontava la tv.
Non stavolta, amici del complotto.
Rassegna podcast: non è facile leggere o ascoltare qualcosa di intelligente e non banale sull’IA. In questa puntata di Actually, dal minuto 12, grande densità e freschezza.
Rassegna musica: un mese fa è uscito un nuovo album dei Dirty Three, Love changes everything.
Confermo su L'amica geniale, anche se faccio fatica a considerare capolavoro la saga in blocco - il primo è un ottimo romanzo, il secondo è forse il miglior romanzo contemporaneo italiano che abbia letto negli ultimi boh, 15 anni? Terzo e quarto vanno a scendere.