Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
Questo tuffo è dedicato a Jorge Mario Bergoglio. Sono stati 12 anni stupendi. Ci siamo divertiti molto. Come disse Carletto Mazzone quando andò via da Roma: «Non avemo vinto niente ma ammazza le risate che se semo fatti.»
Ho letto in una bio di instagram che “la realtà è solo il 5% della vita, l'uomo deve sognare per salvarsi”. Questo Papa ci ha fatto sognare. Con Bergoglio più che mai, è il caso di ripetere quell’altra frase un po’ inflazionata, di G.G. Marquez: non piangiamo perché è finita, ma rallegriamoci perché ce l’abbiamo avuto.
Mi spiace infilare anche in questo Tuffo il buon Colamedici (Tlon), ma ci serve per parlare di Papa Francesco. Colamedici, di cui non sono né fan né acerrimo avversario, ha tracciato un ambizioso paragone tra PF e il Grande Inquisitore di Dostoevskij, figure secondo lui in qualche modo simili per aver fatto i conti con la mediocrità dell’essere umano, e aver mediato tra l’idea insopportabilmente grande di Dio e la nostra misera realtà quotidiana. Dice Colamedici:
Francesco ha attraversato il suo pontificato con una chiara consapevolezza della distanza tra l’ideale evangelico e la miseria della condizione umana, elaborando non solo prassi pastorali ma anche una teorizzazione di questa dolorissima tensione.
Salto alle conclusioni: queste accuse/lusinghe di “umano realismo” a Papa Francesco non attaccano in alcun modo. PF è stato un grandissimo idealista, con un’idea altissima dell’uomo (idea che, come abbiamo già detto in Tuffi/91, ormai è sostenuta praticamente solo dalla Chiesa). Al contrario potremmo ipotizzare che ha avvicinato la soglia del paradiso al livello dell’umanità, parlando spesso di “inferno vuoto”, o sospendendo il giudizio su prassi e modi di vivere finora giudicati male dalla vulgata cristiana. Ma è proprio l’approccio di PF a essere opposto a quello di ogni inquisitore: poiché l’inquisitore ha un’idea bassa dell’uomo medio, lo guida zelantemente legiferando in ogni attività, e brandendo costantemente il ricatto del peccato. PF ha fatto esattamente l’opposto: ha provato ad allargare (con juicio) le maglie della rete che ci rende (e soprattutto, ci fa percepire come) buoni cristiani.
Se poi vogliamo dire che tutte le persone di Chiesa, dal sagrestano alla suora al cardinale, per il semplice lavoro che svolgono sono tutti un po’ Grandi Inquisitori, facciamo pure.
Nota di metodo. Capisco la tentazione di tracciare un paragone. Dà molta soddisfazione, perché in fondo ogni ragionamento è una serie di singole parole e via via idee più complesse messe in collegamento, e riuscire a mettere in collegamento un intero blocco di informazioni con un altro (i termini del paragone) è un bel colpo, è un boccone invitante per chi gode di questi piaceri. Proprio per questo dispiace molto quando qualcuno, specie un intellettuale, fa un paragone non calzante. Intellettuali famosi: cercate di fare paragoni calzanti. Se non vi sembra particolarmente azzeccato, non lo fate.
Rassegna vaticana. Su LeGrandContinent, rivista che sta finalmente diventando una piattaforma centrale nel dibattito europeo, è uscito un articolo di Alberto Melloni, vaticanista e professore di Storia del Cristianesimo. Per i miei standard l’articolo è un po’ troppo pomposo e allusivo (se non colgo i riferimenti ci rimango male), e soprattutto avanza un’ipotesi non so quanto realistica. Eppure, essendo un’ipotesi pericolosissima, se anche fosse remota è bene tenerla a mente. Il titolo è “L’opzione carolingia di JD Vance”. Estraggo quello che - se ho capito bene - è il paragrafo che racchiude il senso:
Si licet Magnum componere Vance, la sua è una proposta neo-carolingia. Il vicepresidente non ha convocato un Concilio a Francoforte né ha reclutato falangi di teologi visigoti, ma in fondo pensa che la Chiesa debba prendere atto che un mondo sia finito. Per lui, il cristianesimo unito, quello con polmoni a Oriente e a Occidente, non esiste più. Al posto dell’ecumenismo che sperava l’unità visibile delle chiese, l’opzione neo-carolingia vede e sponsorizza un “millefoglie” transconfessionale nel quale un protestante e un cattolico omofobi sono più vicini di quanto non lo siano ai loro fratelli per confessione ma di diverso orientamento ideale.
Insomma, in parole povere: gli americani faranno pressione per eleggere un loro uomo in Vaticano, con l’obiettivo di spezzare l’ecumenismo cattolico e serrare i ranghi del cristianesimo all’interno dei ranghi dell’Occidente (tra l’altro, quell’Occidente rinsecchito e terrorizzato dal mondo che ha in mente Trump). Inutile dire che questa sarebbe semplicemente la fine della Chiesa, della rilevanza di Roma, della rilevanza del Vaticano, di Francesco Totti, dell’Italia, dell’Europa, etc.
Vigiliamo.
Ripubblichiamo un estratto da una catechesi di Papa Francesco sul tema della lussuria, dall’udienza generale di mercoledì 17/1/’24, già pubblicata in Tuffi/35 (qui il discorso integrale).
"Quante relazioni iniziate nel migliore dei modi si sono poi mutate in relazioni tossiche, di possesso dell’altro, prive di rispetto e del senso del limite? Sono amori in cui è mancata la castità: virtù che non va confusa con l’astinenza sessuale – la castità è più che l’astinenza sessuale –, bensì va connessa con la volontà di non possedere mai l’altro. Amare è rispettare l’altro, ricercare la sua felicità, coltivare empatia per i suoi sentimenti, disporsi nella conoscenza di un corpo, di una psicologia e di un’anima che non sono i nostri, e che devono essere contemplati per la bellezza di cui sono portatori. Amare è questo, e l’amore è bello. La lussuria, invece, si fa beffe di tutto questo: la lussuria depreda, rapina, consuma in tutta fretta, non vuole ascoltare l’altro ma solo il proprio bisogno e il proprio piacere; la lussuria giudica una noia ogni corteggiamento, non cerca quella sintesi tra ragione, pulsione e sentimento che ci aiuterebbe a condurre l’esistenza con saggezza."