Tuffi/100
Adolescence, paradisi in terra, violenza incel vs. violenza patriarcale, smarkness, leggi tua madre
Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
Adolescence. Mi dispiace molto dover consigliare a questo lambiccato pubblico una serie già famosissima e probabilmente anche già vista da molti lettori. Però è proprio quello che si dice “un pugno nello stomaco”. Vedetela.
Innanzitutto una cosa. Adesso siamo tutti qui a prendercela con gli incel, come unici responsabili globali della violenza sulle donne. Ho l’impressione che la loro sia una violenza teorica (la potentissima e onestamente affascinante teoria incel) piuttosto che una violenza reale, cioè statisticamente rilevante nella nostra società, e che stiamo accollando a questa etichetta molti fenomeni che non le sono propri.
Nella mia testa gli incel sono quelli che stanno notte e giorno a confortarsi nei forum, a ragionare su tutte le possibili cause della loro sofferenza, e quindi per la loro definizione antropologica pensano alla vita piuttosto che vivere. Uccidere, o anche solo molestare una donna offline richiede già un certo sforzo di coraggio e di vitalità. I veri incel me li immagino molto più timidi. Al massimo, e nel massimo dell’alienazione e della sofferenza, uno su un milione esce e va a fare una sparatoria nei campus americani. Ma mi risulta molto difficile pensare che le micro- o macro-violenze più frequenti sulle ragazze vengano da quel tipo di umanità, e da quel tipo di esercizio teorico.
Altra considerazione preliminare: gli incel sono un sottoprodotto del woke. Chiamiamo woke chi vuole il paradiso in terra senza doverselo guadagnare. Mentre il marxismo (semplifico) voleva il paradiso materiale in terra, il woke (anche detto marxismo culturale) ha abbandonato l’economia e ha spostato il focus, chiedendo il paradiso simbolico in terra. Non esistono corpi belli e corpi brutti, non esistono colori della pelle migliori né culture migliori.
La teoria incel è una specie di marxismo sessuale (v. anche Tuffi/50). Riconosce le gerarchie del mondo, ma non riesce a sopportare la sofferenza che ne consegue, e grazie alla tecnologia abilitante dei forum non deve più sopportarla individualmente ma può condividerla. Perciò invita tutta la classe incel a unirsi, eppure da questa unione stenta ancora a nascere una parte programmatica.
Ipotesi di ricostruzione storica. La violenza patriarcale e la violenza incel sono profondamente diverse. La violenza patriarcale, diciamo novecentesca, era un fatto interno alla coppia. C'era una grande intimità in quella violenza, data da un senso di appartenenza, quasi una violenza autoinflitta dall’uomo verso un’estensione del proprio corpo (tant’è che veniva chiosata con frasi tipo “guarda cosa mi hai fatto fare!” - un gesto masochista, una violenza contro te che sei un pezzo di me). Da ciò segue che nessun uomo avrebbe menato, soprattutto all’interno della violenza patriarcale, una donna sconosciuta o con cui non avesse già una profonda intimità. Altra componente della violenza patriarcale era la direzione top-down: l’uomo si percepiva come superiore, e la violenza era un modo rapido e indiscutibile di ripristinare l’ordine in una dinamica che stava sfuggendo di mano.
La violenza incel (prendiamo come paradigma la violenza di Adolescence) invece appare come una violenza bottom-up, dal basso verso l’alto. L’incel si percepisce nella migliore delle ipotesi come pari, ma in realtà come inferiore alla donna che desidera. Questa violenza è una violenza del tutto esterna, perché il mondo dell’incel finisce nella cameretta e non c’è nulla di più esterno a quella cameretta di una ragazza desiderabile. Quella violenza allora non vuole ripristinare niente: è solo un gesto di stizza, un’ultima vendetta disperata di chi non sa cosa farsene del proprio amore.
Veniamo al punto più politico e attuale. Gli incel sono maschi bambini che non sono mai diventati uomini, cioè non sono mai stati educati alla forza. Il grande gap biologico che rende possibile la violenza è la disparità di forza. Per valori medi e ad armi pari, l’uomo è capace di sopraffare la donna. Questo è un problema a cui l’uomo e la donna vanno educati.
Non farò troppo prolissamente la storia di come abbiamo negato negli ultimi decenni ogni diversità strutturale per promuovere la parità formale nei diritti. Però se, e solo se, adesso vogliamo dare priorità alla violenza maschile sulle donne, bisogna tornare a responsabilizzare i maschi sulla loro forza fisica, e le femmine sulla loro debolezza fisica.
Chiudendo l’argomento iniziale, Adolescence è bellissimo - se non fosse che è totalmente irrealistico, perché il protagonista incel, Jamie, è almeno un 7,5.
(scusate, è da 3 settimane che voglio fare questa battuta)
Cambiamo argomento. C’è un bel concetto, in qualche modo generato anch’esso dall’IA. L’ho letto in una recensione uscita su Indiscreto sull’ormai noto Ipnocrazia. Il concetto è “smark”
un neologismo che fonde “smart” (la persona critica, consapevole dei meccanismi del potere — e per questo tendente al cinismo) e “mark” (la persona ingenua, bersaglio tipico di una truffa).
Essere smark significa coltivare una doppia consapevolezza: saper smascherare le strategie manipolative, ma anche lasciarsi coinvolgere consapevolmente dall’incanto della finzione. È una postura ambivalente, ironica e potenzialmente liberatoria, che riconosce nella negative capability di John Keats — ovvero la capacità di coltivare l’incertezza, il mistero e il dubbio senza cedere alla fretta di abbracciare spiegazioni definitive — un serbatoio creativo, attraverso cui generare visioni alternative e aprire varchi nello status quo. In un mondo dove tutto è razionalizzato, profilato e monetizzato, la dimensione non riducibile al dato certo non si configura come fuga, ma come risorsa critica e generativa.
Non so se mi sto rincoglionendo del tutto cercando di abbracciare una specie di xenopensiero paraconsistente per una precoce crisi di mezza età. Per adesso lo lasciamo qui, ognuno ne faccia ciò che vuole.
In realtà l’idea di smark mi sembra vagamente simile alla sospensione dell’incredulità, che in fondo è quello che facciamo già tutti, più di quanto pensiamo. Lo facciamo sicuramente in circostanze ben determinate, tipo davanti a un film di fantascienza. Ma probabilmente ci capita, in forme più soffuse, in moltissime altre attività. Direi quasi che va ribaltato lo schema: è solo in pochissimi momenti che ci forziamo nell’innaturale postura mentale di essere totalmente razionali. Ogni volta che sorridiamo a un cane stiamo essendo smark. Ogni volta che ci lasciamo incantare dai dettagli di un culto religioso altrui, o talvolta anche nostro, siamo smark. Ogni volta che aderiamo a un set di regole predeterminate, senza stare tutto il tempo a questionarle razionalmente ma lasciandoci un po’ trasportare dal “gioco”. Ogni volta che parliamo di calcio con trasporto siamo smark. Ogni volta che tifiamo. Insomma, la vita umana è ben lontana dall’essere costantemente smarT.
Più volte si è detto che i podcast sono una forma di fruizione più intima di una newsletter. Ed è vero, però perché? Forse perché l’udito è un senso meno abusato della vista, una porta di accesso al corpo leggermente privilegiato.
L’unico esempio stringente che mi viene in mente a supporto di questa tesi è che effettivamente i genitori dicono: “ascolta tua madre!” - e non: “leggi tua madre!”. Eppure quanto sarebbe austero e maestoso (e anche educativo) poter dire al proprio figlio “Gianfilippo, adesso basta capricci: fa’ come ha scritto tua madre”.
Cento Tuffi. Auguri a noi.