Tuffi/90
Donald Ben Gurion, Trump bluff, Trump startup nation, Federico Leoni su Musk, AI paura, battutina, Molinari fogliante
Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
Deportare centinaia di migliaia di persone da una striscia di sabbia ai paesi limitrofi, rendere profugo un popolo, negare ogni diritto al ritorno, impedirgli di vivere nella propria terra perché la vuole un altro popolo, tutta per sé, perché così è scritto, perché dicono che faranno “un giardino al posto del deserto”?
Si chiama Nakba, è iniziata nel 1948, il 15 maggio.
[Non vorrei giocare a fare quello che si scandalizza meno degli altri, però fatico a trovare elementi sostanziali di novità nella proposta di Trump: nulla di diverso da quello che abbiamo ormai imparato ad accettare, da 77 anni. L'inaccettabile. L’abisso dentro di noi, e la riviera fuori.]
Non è facile, ma proviamo a mantenere la calma. A guardare Trump e queste fulminanti due settimane di inizio mandato, la domanda più naturale è: perché solo adesso?
Negli ultimi Tuffi abbiamo ricordato un principio intuitivo e sempre valido, e cioè che in politica estera gli Stati si comportano più o meno sempre allo stesso modo, al di là del colore dei governi. Questo perché fanno gli interessi dello Stato. E allora, se era così facile, se bastava minacciare due dazi su un foglio di carta a favore di camera per ottenere immediate e incondizionate concessioni (per ora già da Panama, dalla Groenlandia, e vedremo quanti altri giorni resisteremo noi altri), insomma se i frutti erano già così belli maturi e facili da raccogliere - perché non li hanno colti i democratici?
Due ipotesi, non necessariamente incompatibili. La prima è che gli Usa stanno bluffando. Alzano la voce su tutti i tavoli, annunciano finanziamenti da terabiliardi di dollari in ogni progetto che possa sembrare altisonante, perché in realtà hanno poca benzina e dall’altra parte dell’oceano (purtroppo non l’Atlantico) sanno di avere un solido player che gli sta col fiato sul collo e ha tutto il vantaggio mentale dell’inseguitore. Deepseek è solo l’ultimo degli esempi, e ha generato un certo panico. L’obiettivo di questa mossa è l’arrocco. Consolidare le posizioni più strettamente occidentali, rinsaldare i lacci delle colonie. Il costo immediato della mossa è la rinuncia definitiva all’egemonia assoluta. Ad esempio: smantellare USAID, l’agenzia americana di cooperazione allo sviluppo, fiore all’occhiello dello sweet power (non solo soft, perché non finanzia solo filantropi e opinionisti ma anche infrastrutture, ponti, pozzi, ospedali), avrà un impatto reale di minore potenza, minore impronta sul mondo. Resta l’egemonia relativa, materiale, cioè puntare a mantenere il proprio tenore di vita senza impoverirsi rispetto agli altri.
La seconda ipotesi è che essendo salita al governo USA una vera classe di imprenditori, adesso il programma prevede una fase di startup nation, per aggredire mercati che per ora si intravedono soltanto, e aggredirli con tutta la ferocia possibile. L’IA è il campo di battaglia principale, altri sono concatenati (guida autonoma, social media, aerospazio). La startup richiede grande concentrazione di attenzione e risorse economiche sui pochissimi prodotti e approcci scelti, e non c’è spazio per la diversificazione. Ad esempio, non c’è spazio per la diplomazia multilaterale. In queste settimane gli USA sono usciti dall’OMS e dagli accordi di Parigi sul clima (di nuovo). La scommessa è che tra 4 anni queste organizzazioni siano scomparse, o profondamente indebolite, o (meno probabile) ridisegnate in modo ancora più favorevole agli USA di quanto già non sia tutta la struttura ONU. Nel frattempo, difficile che la Cina non approfitti per rafforzare la sua “vice-leadership” globale. Iniziano a stare simpatici un po’ a tutti.
Rassegna stampa 1: un potente pezzo di Federico Leoni sul “Gesto senza storia” di Musk, e sul personaggio in generale. Due estratti:
“Si pensi al chip di cui tanto si parlava un anno fa, che consentirà a una persona paralizzata di muovere un corpo esterno, magari collocato dall’altra parte dell’oceano. Che antropologia, che metafisica comporta questo chip? Che ciascuno di noi è un potenziale paralitico, cioè una mente completamente extracorporea, ma in grado di muovere un qualsiasi corpo extramentale. Il mondo diventa l’esterno sempre disponibile di quell’interno assolutamente illocalizzabile, il segno cosmologico di un’anima sempre straniera. Ogni cosa è il segno lontano di quest’anima prossima. Ogni cosa è un segno da intercettare, trascrivere, calcolare, collegare, rilanciare, assemblare, disassemblare, leggere in altri segni, scomporre in altri segni, ricomporre in altri segni. Anche quell’anima straniera è un segno. […]
Mettete insieme questi pezzi staccati, e avrete il mondo nuovo. Dobbiamo meditare quest’assenza di corpo, quest’assenza di sesso, quest’assenza di terra, quest’assenza di storia, perché sono il terreno del contendere contemporaneo. Musk lo indica e forse lo abita e senz’altro lo produce allo stato puro. I fascismi vari lo avvertono subito come minaccia e lo riconoscono lucidamente. Tanto che ne danno un’interpretazione oppositiva, gli replicano punto per punto, avanzano contromisure che fanno sistema. Vogliamo la terra, vogliamo la storia, vogliamo il passato. Vogliamo i padri, vogliamo i sessi e li vogliamo ben chiari. Vogliamo la natura e non la cultura, vogliamo la natura e non l’artificio, non l’impero dei segni. Il greco e non la matematica, il mito e non le equazioni differenziali. Essendo situate sul terreno giusto, quelle contromisure suonano seducenti, parlano alle persone, leniscono sofferenze, promettono vita.
Nessuno al momento sa leggere diversamente quel mondo nuovo. […]”
Rassegna stampa 2: due immagini rubate alla newsletter di Tomas Pueyo (che è bella ma non fate che vi iscrivete a quella e non leggete più Tuffi)
Una battutina per sdrammatizzare: quanto ci manca l’ecoansia? Quante posizioni ha perso nella classifica mondiale delle ansie sociali maggiori? I blocchi stradali dei giovani… I barattoli di sugo sui quadri dei musei… Eravamo felici e non lo sapevamo.
Rassegna stampa 3: non è ancora notizia, ma gira voce che Claudio Cerasa possa andare a dirigere il Messaggero, e al Foglio arrivi Maurizio Molinari. Ne parla qui Lettera 43. Commentiamo nel prossimo Tuffo, o quando diventa notizia. Dai che è la volta buona che la smettiamo di soffrire.