Tuffi/88
Nuova prosa Twitter, nuovo ceto mid-influencer, Twitter vs. Wikipedia, scommessa ucraina, Foglio trumpiano
Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
Ogni tecnologia, utilizzata da un tasso sufficiente di persone per sufficiente tempo, dà luogo a un genere letterario. Degli intellettuali di facebook già parlammo, forse anche su queste pagine, ma facebook ormai vivacchia. Invece X, già Twitter, sta premiando e plasmando una nuova casta di influencer. Il feed degli amici e delle persone seguite è uno sbiadito ricordo del passato, di quando ancora ci illudevamo di avere interessi non misurabili, “voluti”. Adesso all’apertura di X l’algoritmo propone automaticamente un palinsesto di mid-size influencer, direi tra i 10k e i 40k di follower, che sono la traslitterazione dei reel di Instagram. Nel mio feed da maschio bianco etc. i temi sono geopolitica e macroeconomia, immagino ce ne siano per tutti i gusti. Il format è sempre lo stesso: molte informazioni molto sintetizzate, un primo tweet per catturare l’attenzione con qualcosa di eterodosso/eccentrico/illuminato/un filo anche complottista, e poi un thread che in 10 brevi tweet ‘esaurisce’ l’argomento. Insomma, una pillolina di conoscenza che dà esattamente la stessa dose di dopamina dei reel.
La differenza principale col genere letterario di fb è quindi la prosa scarna, molto più concentrata sulla densità e sulla rapidità (anche di eventuali plot twist, colpi di scena, etc. che però devono comunque svolgersi in pochi caratteri). Ne risente la ricchezza linguistica. Senza trarne conseguenze troppo catastrofiche, ci limitiamo a dedurre che anche questo è un adattamento ai nostri tempi di maggiore pressione sulla produttività, compresa la produttività dopaminica di sé stessi.
C’è anche un motivo più strutturale per cui questo avviene. Musk sta coccolando e coltivando questa nuova schiera di mid-influencer perché saranno lo zoccolo duro della fedeltà alla piattaforma, quando l’imbarazzo della concentrazione di potere nelle sue mani porrà questioni morali. Le superstar famose-in-sé possono permettersi il lusso di chiudere l’account su un social, ma in termini assoluti sono pochissime. La situazione è diversa per chi investe anni di lavoro di ricerca e scrittura sviluppate per quella specifica piattaforma, e questo “ceto medio” può essere molto più numeroso.
Noi terzisti bolivariani al prossimo proclama agghiacciante del presidente eletto che abbiamo supportato per scherzo oltreoceano
Questa nuova frammentazione dell’informazione è la superficie di una più profonda ricerca della frammentazione del sapere. L’esempio più lampante è la guerra a Wikipedia che Musk e compagnia stanno preparando da tempo.
Wikipedia, come abbiamo già detto, è l’impresa più nobile e alta in cui l’umanità si sia cimentata negli ultimi 30 anni: sono le nostre piramidi. Milioni di scalpellini diffusi che, spogliati del loro ego e arruolatisi solo per un incremento infinitesimale nel cammino della conoscenza, ogni giorno rimandano la notte di Babele.
Questa piramide infinitamente migliorabile eppure stabile, robusta, la “blockchain del sapere”, sta per essere bombardata. Al suo posto, nel progetto Truskiano, centinaia di minuscoli trulli pugliesi, tutti ugualmente screditati, disautorevoli, inutilizzabili in qualsiasi discussione in cui voglia prevalere il più veritiero e non solo il più forte. Il disarmo dell’idea di verità.
Gioco subito tutta la mia credibilità dell’anno da analista geopolitico con una previsione, una sola, per l’anno che viene. Trump non metterà fine alla guerra in Ucraina.
Breve spiegazione: nonostante sembrino tutti d’accordo sul contrario (una persona su tutte, per me faro di intelligenza: Lucio Caracciolo), non sento motivi abbastanza validi per credere alle promesse di Trump. Perché finora c’è soprattutto questo: la promessa elettorale, in chiave chad-boro-antiestablishment democratica-pro disimpegno statunitense, di fermare la partita dove le squadre sono arrivate. Ma a questo punto dobbiamo tornare, soprattutto a livello qualitativo, alle “analisi”. Dobbiamo imporci rigore analitico evitando di inseguire la cronaca o - ancora di più - le dichiarazioni elettorali. Più che ipotesi corrette o - peggio - accidentalmente azzeccate, ricerchiamo analisi fondate. L’analisi a cui siamo fermi da tre anni è: l’accendersi della guerra in Ucraina è stata la più grande vittoria statunitense in politica internazionale degli ultimi 20 anni.
Se ciò è vero, come noi pensiamo, per spostarci da questa analisi abbiamo bisogno 1. di nuovi elementi, oppure 2. di una cornice interpretativa completamente diversa e più valida, oppure 3. da qui non ci muoviamo. Trump, al netto delle non-linearità del personaggio, fa innanzitutto gli interessi degli Stati Uniti. D’altronde questo è vero in prima approssimazione per ogni paese del mondo: i presidenti hanno linee diverse nella politica interna (perché rappresentano elettorati e interessi diversi), mentre hanno politica estera uguale (perché rappresentano lo stesso paese e l’interesse nazionale - sì ok, amici trozkisti, “l’interesse nazionale non esiste” ma cerchiamo di capirci).
Dunque se gli Stati Uniti hanno interesse a tenere separati Europa e Russia, continueranno a farlo. Quale sarebbe il fondamento dell’ipotesi alternativa? Che “Trump è amico di Putin”? Che i quattro soldi che gli USA mandano in Ucraina spostano il budget di chi ha le stampanti della riserva valutaria di tutto il pianeta? Quei quattro soldi non sono forse già bilanciati dal GNL che abbiamo iniziato a comprare oltreoceano dall’inizio della guerra, e che sta tanto a cuore a Trump? Aspetto elementi più decisivi. Lucio, se hai tempo e voglia, scrivimi.
Il Foglio ha tante qualità (messe a dura prova nell'ultimo anno) ma non è il tipo di giornale che può sopravvivere senza stare - innanzitutto concettualmente - sul carro dei vincitori. Non so dire perché, forse la cultura lib non ha un’ontologia abbastanza forte da bastare a sé stessa, forse ha sempre bisogno di appoggiarsi con apparente autonomia sistemi di pensiero più robusti, più carnali. Sta di fatto che è la loro storia: il Foglio è il giornale del padrone di turno, e se cambia il vento, cambia il Foglio.
Se ci fosse stato Ferrara, il giorno dopo l'elezione di Trump avremmo già letto un editoriale in cui molto sofisticatamente riposizionava il timone nella direzione MAGA, con argomenti quasi convincenti e sicuramente brillanti nella loro malvagità fedifraga. Cerasa è meno brillante e più prudente, quindi la giravolta non è ancora arrivata. Sento che arriverà e mi gioco 6 mesi: entro 6 mesi da oggi, un articolo sfacciatamente pro-Trump. Contiamo.
Ci sono un paio di scommesse importanti, vediamo se le vinci. 😄
una persona su tutte, per me faro di intelligenza: Lucio Caracciolo❤️❤️❤️