Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
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Una prima carrellata disordinata su Trump, Musk, Milei, etc.
Sono settimane che vorrei scriverne, e ogni settimana esce fuori una sparata di Trump o Musk che mi allontana ancora di più da ogni vaga speranza di poter dire qualcosa di sensato e concluso, almeno temporaneamente, e quindi rimando e scrivo di qualcos’altro. Proviamo a tirare una linea molto spezzata che tocchi almeno alcuni punti notevoli.
Trump su Panama, Groenlandia, Golfo del Messico, Canada; Musk su AdF in Germania, su Starmer in UK: Trump ha sempre coltivato la Strategia del Pazzo, strategia di gioco resa nota da Nixon e Kissinger su cui rimandiamo a fonti più autorevoli. Le sparate di questi giorni più che dire qualcosa su di lui, che non si è ancora insediato e può ancora parlare gratis, mostrano piuttosto la pasta di chi reagisce, e come reagisce.
La UE per adesso tace. Da un lato questo è imbarazzante, e ci ricorda senza pietà lo stato di impotenza in cui versiamo. D’altronde, poiché stavolta Trump sembra molto più intraprendente - e per questo anche più a rischio - del primo mandato, ci piace vedere in questo silenzio europeo un filo di saggezza, prudenza, cercando di non inseguire tweet su tweet le follie dell’imperatore.
2.bis, nota personale per onestà intellettuale: ero tra quelli che tifavano per Trump, perché ci eravamo detti che l’Europa sa rinforzarsi davanti alle situazioni di crisi, e che un’America democratica era un palliativo che anche quando faceva male (v. IRA sull’industria verde) rimaneva comunque troppo profumato per farci dare una vera svegliata. Bene, adesso è molto concreta la possibilità che questa mareggiata americana che doveva svegliarci ci faccia semplicemente annegare.reazione dei mercati e dei privati. Riassumiamo le vicende già note a molti con questa vignetta molto carina, che ha causato le dimissioni volontarie della disegnatrice Ann Telnaes perché è stata censurata dal Washington Post (diciamo anche che era comprensibile, visto che il proprietario del giornale stesso, Jeff Bezos, compare nella vignetta: file under libertà sindacali che a ben vedere non abbiamo mai avuto, anche prima di questi eventuali tempi bui).
Al di là della censura, la parte più straordinaria di questo strisciare collettivo mi pare sia nell’adattamento quasi indolore alle nuove condizioni del vento. Si può stravolgere la convinzione politica di intere piattaforme culturali (cioè piattaforme di pensiero, di contenuto e anche di metodo, fact-checker rimossi da Meta/Facebook il caso più eclatante) a poche settimane da un esito elettorale, riscrivendo serenamente il passato - e senza che nessuno degli attori (utenti, investitori, etc.) faccia una piega.
Quindi ribadiamo una lezione molto classica e generale: come in termini marxiani l’economia è struttura e la politica è sovrastruttura, così possiamo dire che il presente è la struttura e il passato e il futuro sono la sovrastruttura. La storia è riscrivibile infinite volte, retro- e fore-spettivamente.
(sembra che in italiano non esista il contrario di “retro”, ad interim usiamo il prefisso inglese).Uno che sta rilanciando sul bluff è Papa Francesco. Ha appena nominato Arcivescovo di Washington Robert McElroy, notoriamente antitrumpiano e pro-migranti. Forse facilitato dal fatto che presiede un’istituzione bimillenaria, interessato innanzitutto alla vita ultraterrena e poco a obiettivi di budget di breve termine, il Papa sta avendo una postura invidiabile, imperturbabile. Forse le grandi conversioni di massa avvengono anche in periodi di crisi di questo genere, cioè non soltanto nelle situazioni di guerra o morte reali, già accadute o accadenti, ma anche in queste situazioni di mancanza o volatilità di senso, e quindi necessità di ancorarsi a qualcosa di immobile, di placido, ancorché non toccabile e non verificabile come credere in un Dio trascendente. Qualcuno che sia coerente anche nella sua rappresentazione umana e papale, qualcuno che ha detto 2000 anni fa come avere salva la vita, e non cambia parere ogni 5 minuti.
La partita più interessante almeno fino a qualche settimana fa sembrava quella del DOGE, il dipartimento di efficientamento governativo che sarà presieduto da Musk. Parte dell’ispirazione viene da Milei, che sta producendo risultati apparentemente positivi in Argentina tramite tagli netti di interi pezzi di burocrazia. Tutto bene, tranne che l’Argentina era uno stato fallito con tassi di inflazione esasperanti, mentre gli USA hanno un’economia molto performante. Insomma la prima domanda a cui non riesco a rispondere è come si giustifica in una situazione del genere lo smantellamento dell’amministrazione pubblica. Eventuali interessi privati di questo o quell’imprenditore mi sembrano poco sostanziali, insufficienti a giustificare lo sforzo. Altri dicono che Trump vuole licenziare i burocrati perché nel primo mandato gli hanno impedito di fare le riforme che voleva. A prima vista è sensato, ma se dimezziamo i dipendenti di un ministero come facciamo a licenziare solo quelli democratici? E non rischiamo di inimicarci definitivamente tutti quelli che restano? In ogni caso, se queste riforme si faranno in una generica ottica di deregulation del capitale e della libertà individuale a danno dei lavoratori e dell’interesse pubblico, il pacchetto rischia di essere rapidamente esportato in tutti gli stati nazionali occidentali. Quando un anno fa Milei faceva lo scemo con la motosega, la stampa internazionale lo derideva, vagamente preoccupata. Oggi Milei campeggia su FT, Economist, etc. con ossequi, grassetti e corsivi.
Un’altra ipotesi sul DOGE, in un’ottica più sistemica e di cui parleremo meglio in un altro Tuffo. Siamo forse di fronte a una “small simplification”? C’è una teoria molto affascinante sulla fine degli imperi, di uno storico americano che si chiama Joseph Tainter. Tainter dice che le società espandono la loro complessità fino a che possono alimentare la macchina con nuovi flussi di energia, risorse, etc.; poi l’espansione materiale si ferma e gli imperi collassano (collasso che si può definire “Grande semplificazione”). Mantenere i poteri in equilibrio tramite checks and balances, o anche solo garantire dei diritti implica dei “costi di struttura” rilevanti, delle perdite di efficienza, etc. La riforma di Musk/Trump/Milei può essere vista in questo senso: una “piccola semplificazione” (anche sul piano concettuale, se pensiamo alle arzigogolate costruzioni del Pol. Corr. rispetto all’immediatezza del pensiero trumpiano) per sopravvivere al declino, serrare i ranghi e magari prepararsi allo scontro militare con la Cina.
C’è un certo consenso sul fatto che gli USA vogliano rinunciare al loro ruolo di guida spirituale globale, mantenendo però il più possibile una violenta supremazia militare ed economica. La Cina è ancora lontana dal potersi sostituire come guida morale (non ha praticamente leve di soft-power, né tante altre cose hard). Difficile dire però quanto può durare o dove può portare un impero senza paramenti concettuali che ne giustifichino l’esistenza.
Rassegna Twitter.
Un bel post di Arnaud Bertrand che ho letto e che Deepl ci traduce qui sotto. In breve: poiché siamo stati costretti all’irrilevanza militare e ormai ci siamo abituati/rassegnati a quest’idea, il nostro unico asset e punto di rispettabilità internazionale è la nostra capacità a fissare dei principi e a fare da arbitri. Se perdiamo - come abbiamo fatto - la nostra credibilità come arbitri, applicando plateali doppi standard, rimaniamo da soli col nostro imbarazzo.
“Se non foste ancora convinti che l'Europa sta entrando nel suo secolo di umiliazione, questo dovrebbe bastare. Trump afferma che gli Stati Uniti hanno bisogno della Groenlandia “per scopi di sicurezza nazionale” e “per il mondo libero”, e sostiene che “la gente non sa nemmeno se la Danimarca abbia un diritto legale su di essa” (il che è falso al 100%).
Avrebbe mai osato dire una cosa del genere riguardo al territorio cinese o russo? Mai. Ma vede che non solo l'Europa è debole, ma si trova anche nella situazione strategica assolutamente disastrosa di essere “difesa” dagli USA! Ciò significa che l'Europa è di fatto intrappolata in un braccio di ferro e sta per imparare di nuovo il vecchio adagio geopolitico (attribuito a Tucidide): “i forti fanno quello che possono e i deboli subiscono quello che devono”.
Ci sono molte cose divertenti qui, a partire dall'affermazione di Trump sulla protezione del “mondo libero” attraverso l'annessione territoriale.
La seconda cosa divertente è che la fissazione isterica dell'Europa sull'imperialismo russo - più fantasma che realtà, date le limitate capacità dimostrate dalla Russia - l'ha portata a consegnarsi tra le grinfie di un vero e proprio impero che ora valuta con disinvoltura di farla a pezzi.
Infine, ma non per questo meno importante, probabilmente la cosa più buffa è che nessuno nel resto del mondo se ne curerà a causa dei doppi standard e dell'ipocrisia dell'Europa, con Gaza in particolare. Fin dall'inizio di Gaza ho scritto che il risultato più grande della risposta dell'Europa sarebbe stata la morte di qualsiasi pretesa di un ordine globale basato sul diritto internazionale.
Ed è esattamente questo il punto in cui ci troviamo. Scegliendo di abbandonare apertamente anche solo l'apparenza di principi, l'Europa ha essenzialmente annunciato di essere d'accordo con la legge del più forte. Una cosa molto stupida da fare, se non si è forti...
I leader europei (se così si può dire), nella loro ansia di essere “buoni alleati” sostenendo la violazione del diritto internazionale a Gaza, hanno di fatto dato disponibilità a smembrare il loro stesso continente. Hanno dimenticato che i principi non sono solo lussi morali - sono scudi reali, e una volta che li hai infranti per gli altri, non proteggono più nemmeno te.
Rassegna stampa: stime aggiornate sui morti a Gaza. 64mila.
“ante”?