Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
Nuovi appunti sul turismo. Forse un po’ in controfase con questi precedenti appunti (Tuffi/11), prendeteli come un’antitesi, magari l’agosto prossimo proviamo una sintesi
Il turismo ha i millenni contati. (Innanzitutto volevo dire e brevettare questa frase).
Forse quest'anno è anche già un po’ scontato dirlo, il vero visionario lo avrebbe detto l'anno scorso. Comunque il succo è che il turismo inizia veramente a scricchiolare. Non tanto la prassi turistica (che ovviamente viaggia a gonfie vele), quanto piuttosto la sensualità del turismo, la sua capacità di seduzione e distinzione. A chi si scervella su come combattere il temibile overturismo (il turismo di quando i poveri hanno iniziato a poter viaggiare) diciamo che forse il problema si autorisolverà da solo.
Il turismo d’arte sparirà naturalmente nel giro di qualche decennio. Le esperienze esclusivamente visive saranno sempre più perfettamente virtualizzabili/remotabili, dunque non ci sarà nessun motivo di spendere fortune per stare in fila al Louvre e vedere centinaia di mani alzate con dietro una faccetta gioconda.
Non c’è motivo neanche adesso, ma adesso c’è ancora (per poco) il premium differenziale. Guardatemi, sono al Louvre. Guardatemi, sono a Santorini. Oggi questo premium sta iniziando a declinare.
Il turismo è una festa a cui ormai ci sono troppi invitati. Tornando al dilemma morettiano, l’unico modo per farsi notare è o non andare tout-court, oppure andare e mettersi in un angolo.
A proposito di angoli, due cose. 6.a Mi pare che noi italo-parlanti non riflettiamo abbastanza sul fatto (e le sue implicazioni) che esclusivo è praticamente la stessa parola di escludente. 6.b Gli angoli sono il nuovo (si fa per dire) posto dove incassare un premium per farsi notare.
Quanto è mentalmente faticosa la vita da turisti? Avere come obiettivo della giornata vedere delle cose, dei posti, magari anche mangiare lì, nel posto consigliato da. È una leggerezza veramente insostenibile. Dà un senso di inutilità che poche altre condizioni umane riescono a dare. È una forma molto esplicita e rivendicata di dissipazione, che è sempre stata un grande segnalatore di privilegio ma ormai non basta più, anzi a dissipare e basta si fa la figura dei cafoni, innanzitutto con sé stessi, e ci si deprime. Oggi più che mai c’è bisogno di meno dissipazione e più scopo.
A questo proposito, un piccolo suggerimento a chi ancora viaggia nelle città (sfigati): datevi ogni giorno dei piccoli scopi, relativi al posto in cui siete ma non strettamente turistici. Le giornate passeranno più in fretta e sembreranno più piene.
Mettendo insieme alcune cose di sopra, sopravviveranno ancora a lungo le esperienze corporali, sensoriali, immersive: il trekking, i percorsi in bicicletta, i percorsi in cui c’è un fotografo che ti insegna a fare le foto, etc. I viaggi con dentro qualcos’altro, farciti.
Nell’eterna riscoperta dell’acqua calda che è la storia dell’umanità, vorremmo promuovere un nuovo concetto, rivoluzionario, nuovamente elitario, edificante, ecosostenibile. Invece del turismo, la villeggiatura. Un mese fissi in un posto, se possibile in Italia.
Osservatorio sulla Settimana Enigmistica. Spiace rilevare che da almeno un anno (prima rilevazione del fenomeno) la Settimana è piena di parole inglesi, sia nelle definizioni che soprattutto nelle parole da indovinare. Ci sorge un dubbio profondo: il ruolo della SE è quello di emancipare le masse, invogliandole quindi giustamente allo studio dell’inglese, o dare un indirizzo a lungo termine e più avanguardistico, che oggi è inesorabilmente un ritorno a una padronanza larga, profonda dell’italiano?
Quanto è da nuovi poveri parlare ancora con le frasi piene di anglismi? Ormai è un po’ come postare la foto dal Louvre. E quanto invece è maestoso sparare quella parolina italiana un po’ desueta? Dirò di più: funziona benissimo anche fare i paraculi e fare il calco italiano al calco inglese che aveva preso il posto della parola italiana.
L’esploratore britannico Sir Walter Raleigh, ripreso spesso da Limes e da Dario Fabbri (onore a), sosteneva che “chi controlla i mari controlla il mondo”. Sembra esserci una certa correlazione tra questa frase e la provenienza degli atleti che dominano nel nuoto. Agli studiosi il compito di stabilirne la causalità, cioè capire se verrà prima una medaglia nera nei 200 stile libero, o una marina militare nigeriana che farà tremare gli incrociatori occidentali.
Sembra impensabile eppure anche le Dolomiti, un giorno di un secolo non lontano, avranno rotto il ca**o.