Tuffi/56
Non pedonalizzare, moderatore vs. presentatore, partecipazione femminile, Storia di mia vita, Janek Gorczyca, blackfacing letterario
Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
A una presentazione di un libro, un tizio ha detto che per contrastare la gentrificazione e la bombonierizzazione delle città non si devono pedonalizzare le strade. Neanche in centro. Bisogna lasciare le macchine, anzi bisogna lasciare proprio il traffico, perché è un elemento vitale.
Non so se è un’idea giusta o intelligente. Intanto lui l'ha detta. Si chiama Valerio.
Proposta lessicale di rettifica logica: diremo che in una presentazione c'è un “moderatore” se e solo se sul palco ci saranno altri ospiti o autori o persone invitate in numero maggiore o uguale a due.
Viceversa, se l’evento ruoterà intorno a un solo un ospite, dell'altra persona sul palco diremo “intervistatore”, “presentatore”.
Alle scommesse perse ci teniamo. Un paio di Tuffi fa ci eravamo lanciati in due previsioni sulla partecipazione femminile al voto per le europee. Ci abbiamo preso a metà. L’astensionismo femminile è stato più alto di quello maschile (51,2% contro 49,5%), ma il gap rispetto alle elezioni precedenti si è dimezzato (da 3,5% a 1,7%).
In realtà l’andamento di questa dinamica non è affatto lineare. Qui un articolo carino e sintetico che divulga uno studio accademico e riassume i trend della partecipazione di genere dal dopoguerra ad oggi (articolo del 2022).
Critica letteraria. Parliamo di una novità editoriale di cui si sta parlando parecchio, “Storia di mia vita”, di Janek Gorczyca, uscito con Sellerio (<3). La faccio breve: Christian Raimo, persona molto stimata da questa newsletter, idealtipico intellettuale di sinistra, ha conosciuto molti anni fa un senzatetto polacco che viveva nel suo quartiere. A un certo punto lo ha ospitato a casa sua. Questo tizio, Janek, ha scritto un racconto (”Storia di mia vita”, titolo veramente perfetto) e Raimo gli ha detto di pubblicarlo.
Questo racconto è scritto in italo-polacco, cioè la trascrizione dell’italiano stentato che parlano i polacchi, ma anche i rumeni, i bulgari dopo parecchi anni che stanno in Italia. Fine dell’introduzione. Qui sotto un breve commento, in fondo la prima pagina del libro.
Leggendo il romanzo, un romanzo che al netto della performance politico-sociale, se non sapessimo chi l’ha scritto, è un romanzo scritto male, risalta per contrasto una cosa: l'importanza e la bellezza della precisione linguistica. Non è bello essere leziosi, ma è bello e necessario essere precisi nell'usare la parola giusta. Non essere pigri. Vedere un caso estremo (non lo accuseremo di pigrizia) di uno scrivente straniero che si limita a un vocabolario così ristretto e impreciso ci fa ricordare di quanto sia grave per noi madrelingua essere pigri nel pensiero.
Il libro di Gorczyca in molti punti crea una piccola fatica nella comprensione, con una parola azzeccata al 40% il cui 60% mancante deve essere ricalibrato dal lettore. Ma non essendoci intento poetico - e solo intento "testimoniale/sociale" -, a meno di voler essere molto ideologici è una fatica poco remunerata dal piacere - remunerazione che invece accade in altri casi di vagueness ricercata, come appunto nella poesia.
Lo diciamo a noi italofoni e non a Gorczyca: beati quelli che proveranno a scrivere bene, anche a costo di cercare sinonimi di una parola su internet, perché spesso quella parola più giusta esiste.
Commento faceto ma non del tutto: in fondo questa è un’operazione di blackfacing letterario, cioè c’è un’intera catena di professionisti che fanno finta di non saper editare e correggere l'italiano sgrammaticato di un polacco che detta una storia. Solo che a noi non ci fate più vestire da neri a carnevale, mentre agli editor di Sellerio le voci da polacco gliele fate pubblicare senza correggerle.