Tuffi/52
Centro di Siracusa, cinquantenni braccialetti, Chef Rubio, Karem from Haifa, Valerio Apreju, Elio uomo d'oro, natalismo o barbarie
Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
Innanzitutto è molto fastidioso che il centro di Siracusa venga chiamato “Ortigia”. È chiaramente una cosa da stronzetti turisti wannabe 3.0, finti iniziati, “beh certo Ortigia”. Non è mai successo con nessun’altra città del mondo che il centro storico abbia un nome diverso dal resto della città. Questa eccezione non ha nessun motivo di esistere, e a maggior ragione trattandosi di una deliziosa mèta turistica, chiediamo al ministero competente di intervenire e rettificare.
Nell’èra postideologica, non c’è più spazio per la canonica distinzione morettiana tra “splendidi quarantenni” e quarantenni meno splendenti. Oggi c’è un altro solco che divide una nicchia di umanità dal resto: i cinquantenni maschi coi braccialetti di cordino. Solitamente persone realizzate e affermate nel loro ambito lavorativo, non di rado liberi professionisti, hobby sportivi molto rimarcati, importante ma ben delimitata sindrome di Peter Pan. Ma al di là di queste trite descrizioni sociologiche, la verità è che uno più li guarda, questi cinquantenni con vari braccialetti di cordino, e più non capisce se sono meglio loro o sono meglio gli altri.
Sei sicari della comunità ebraica romana hanno fatto un agguato a casa di Chef Rubio, massacrandogli la faccia a colpi di martello, pugni e mattonate. Le foto e i dettagli della vicenda sono su internet. Non riesco ancora a dire nulla di lucido e non volgare sull’argomento. Mi verrebbe da dire che “la guerra sta arrivando da noi”, ma è troppo poco e in realtà la comunità ebraica romana è sempre stata al di sopra della legge, anche ai tempi di quella che loro chiamavano pace.
Rassegna video 1. Karem_from_haifa, divulgatore italo-palestinese molto attivo su instagram, anche lui gonfiato di botte da un gruppo della suddetta comunità ebraica romana qualche mese fa, ha pubblicato un bel reel/documentario qualche giorno fa (link) in cui inquadra il 7 ottobre nella storia della resistenza palestinese, la quale tre giorni fa - il 15 maggio - ha compiuto 76 anni.
Chiara Valerio ha fatto un discorso al Salone del Libro di Torino, molto criticato “da sinistra”. Non tediamo il lettore linkando o entrando nei dettagli. Ci limitiamo a commentare soddisfatti con un’immagine.
Rassegna video 2: “Valerio Apreju”, un monologo di un Valerio Aprea in grandissimo spolvero (cioè sempre con l’unico registro interpretativo che ha nel suo arsenale, però particolarmente adatto a un testo particolarmente carino).
Rassegna stampa 1: una bella intervista di Elio al Corriere. Ci piace notare quanto Elio riesca a tenere insieme la saggezza dell’uomo adulto, la stanchezza del padre di un figlio autistico, eppure sempre un’irriducibile, nobilissima, mai pigra né cinica, ammantata negli anni di significati sempre meno scontati, artisticamente ancora sfarzosa, creativamente straripante, cazzonaggine. Un uomo d’oro, come ce ne sono pochi.
Rassegna stampa 2: Un estratto di una pregevole edizione del Bollettino settimanale di Dissipatio.
In una stanza rosa adornata di tonde forme color pastello siede il Primo Ministro, di fronte a Diletta Leotta, giornalista sportiva convertita ai podcast. Si parla di maternità, delle sfide che comporta, dei cambiamenti fisici e mentali che accomunano tutte le donne. Con una citazione dal sapore clausewitziano Giorgia Meloni pone un'analogia pesante: «Non sempre vedo e ho visto la solidarietà femminile della quale tanto parliamo. Però tra mamme è tutta un'altra cosa, le mamme sono solidali tra di loro come i veterani al fronte: gente che ha combattuto insieme e alla fine ha un'altra dimensione di solidarietà». È interessante osservare quanto la forma mentis di una persona – del Primo Ministro in questo caso – sia in grado di adattarsi a diversi argomenti e situazioni. Che l'attuale esecutivo, e un ambiente politico in generale, abbia elevato il "tema natalità" a questione esistenziale è peculiare, ma non inaspettato. La guerra, ben lungi dall'essere limitata a determinate aree del mondo, è sempre più un modo di pensare, bipartisan, per chiunque si approcci a questioni sociali. A sinistra si chiama riscaldamento climatico, a destra inverno demografico: in ambo i casi si parla di catastrofi impendenti contro le quali combattere.
Dalla guerra come paradigma politico ne consegue la necessità di un nemico, ovvero di una nemesi, senza la quale non si ha ragion d'essere. Cosa sarebbe, infatti, qualsivoglia partito senza l'incarnazione del proprio opposto? E senza le rispettive cause per le quali dare la vita? Jacopo Ascenzo, in un articolo pubblicato il 15 marzo, ha riassunto cosa vuol dire inverno demografico per la destra: non mera battaglia economicistica per riportare il Paese a crescere, ma vera e propria rivoluzione. «Il futuro necessita del passato per essere pensato e anelato. Non si può ambire a creare una continuità nel futuro se non si crede nella continuità del presente col passato. Non si può aspirare alla continuità di sé stessi nei propri figli se non si è convinti, in primis, di essere noi stessi la continuità dei nostri avi. È la Storia che rende possibile il futuro» - continua Ascenzo - «Appare forse più chiaro ora perché l’inverno demografico abbracci soprattutto quei paesi che hanno fatto della Storia il principale nemico. Si guarda alla storia umana solo per erudizione personale, come si farebbe con reperti archeologici del Cretaceo. La continuità è bandita, il passato riscritto. Il presente è il regnante senza predecessori né successori. Abbiamo deciso di rinunciare al più istintivo degli scopi umani per abbracciare il non-senso della vita. Un circolo di autodistruzione».