Tuffi/5
ZeroCalcare, proposte di felicità, Berlusconi, fine della storia, Flavia Franzoni, rammendi
Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
Facciamo un passo indietro nel tempo, 9 giugno 2023, venerdì scorso, un'altra epoca. Succedeva in Italia che usciva la nuova serie di ZeroCalcare, "Questo mondo non mi renderà cattivo". Tra le varie recensioni tutte più o meno entusiaste, non ho letto nessuno che rendesse un piccolo omaggio al titolo. Che titolo meraviglioso. L'ho pensato nitidamente alla fine della serie, un titolo perfetto per il prodotto sotteso ma proprio stupendo in generale, come aforisma, come incisione sulla tomba di un santo.
(In questa newsletter dirò cose di cui potrei pentirmi presto. Siate caritatevoli)
Il rampante filosofo Alessandro De Cesaris rilevava la visione senza speranza del lavoro nell’opera di ZeroCalcare, visione che oscilla tra una schiavitù forzata negli angoli più umilianti del capitalismo e il senso di colpa di chi ha "svoltato" individualmente all'interno di quello stesso sistema capitalista, prestando o prostituendo il proprio ingegno intellettuale - a tratti una vera e propria sindrome dell'impostore. Mancherebbe una visione positiva, emancipativa, la possibilità di trovare realizzazione nel lavoro. Ma andiamo oltre, alziamo il tiro. L'impressione è che ZC abbia una visione non solo del lavoro ma dell'intera vita che è quella del comunista del terzo millennio, e cioè mancante di una "proposta di felicità". ZC gode di una infelicità strutturale, inaggirabile. Per tutti i motivi che sappiamo (un secolo di laboratori sul comunismo reale, tutti più o meno fallimentari o comunque mai pienamente abbracciati dalle nostre sinistre) l'orizzonte della dittatura del proletariato non è più ipotesi di felicità per nessuno, ma quella destinazione non è stata sostituita da nient'altro. Per ZC, Zoro, Propaganda e tutto quel mondo resta quindi il viaggio "fuori dall'infelicità", cioè dal capitalismo e dallo sfruttamento, ma senza la possibilità di approdare ad una mèta positiva. Motivo per cui quella proposta politica esiste ormai solo nella dimensione di (bellissima) serie Netflix.
Di Berlusconi si dice che era sempre positivo, ottimista, che ha sconfitto gli avversari col sorriso. ZC non sembra mai ottimista, se non in Rojava. Non ho letto il fumetto (Kobane Calling) ma sono bravi tutti a essere ottimisti e sorridenti in Rojava. Sono bravi tutti nel senso che da un punto di vista concettuale è davvero facile ed entusiasmante, soprattutto nella tarda adolescenza e prima età adulta, andare nel secondo o terzo mondo e unirsi pieni di entusiasmo a chi vuole raggiungere il primo mondo percorrendo le tappe "facili", quelle che pensiamo tutti essere giuste, lo sviluppo e il progresso finché non confliggono, la storia dell’uomo fino a dove la conosciamo. Il problema è dopo, è andare avanti quando si è già qui. Quale esempio seguire se siamo già nel posto migliore per esistere? Cosa desiderare?
Non volevo parlare della morte di Berlusconi, avrebbe reso questa newsletter molto chic, un rifugio dalla cronaca e dai media tradizionali. Eppure ho ceduto perché oggi, venerdì 16/6, cinque giorni dopo la scomparsa di B., mi sta salendo una strana tristezza. Per una vita ho pensato che B. apparisse sempre allegro mentre in realtà, a telecamere spente, era uno stronzo cattivissimo. Per una vita ho pensato che tutto l'affetto che il suo circoletto gli tributava fosse solo frutto del timore, della paura e del servilismo verso il padrone. Vedendo la commozione (ho un problema nel vedere la gente che piange, non riesco a pensare che stiano mentendo) di questi giorni in tv, mi viene il dubbio che fosse tutto vero. Mi viene un dubbio che intacca molte altre convinzioni, in generale la percezione della realtà e la mediazione dell'ideologia. Mi viene il dubbio che Berlusconi sia stato semplicemente un uomo liberale di straordinario successo, simpatia e cordialità, e lo so che abbiamo sempre detto che non è possibile toglierci gli occhialetti dell'ideologia, ma se per un attimo faccio l'esperimento mentale oggi dico che il comunismo fa schifo, tutti gli eredi del comunismo hanno difeso più o meno seriamente un'ideologia disumana, e Berlusconi per 30 anni è stato l'unico in Italia a dirlo chiaramente.
In altre parole, penso che questa morte potrebbe rappresentare un'ulteriore passo verso la morte (almeno temporanea) dell'ideologia e verso la fine della storia. Al di là di cosa sia stato veramente, dopo la morte di questa figura resterà forse soltanto il ricordo di una persona allegra, positiva, scanzonata, vincente senza vergogna di vincere, anzi cercando di allargare la vittoria a tutti i suoi amici senza sensi di colpa. L'esatto opposto di ZeroCalcare e di questi 30 anni di noi che ancora ci attaccavamo alle bussole del '900 in attesa di trovarne di nuove e più potenti. E se nella nostra vita non ce ne fossero più? Mentre pensavo queste cose, questo meme di Filosofia Coatta (che riprende una delle tavole finali di Pompeo, di Andrea Pazienza) mi si è materializzato davanti come sintesi quasi perfetta di quello che volevo dire. Quella tavola significava per Pazienza che tutta la parte di Bologna, della sinistra, dei progetti di altermondismo erano falliti, non avevano gambe, non erano veri. Anche quella pagina era una fine delle ideologie.
Qualcosa forse riesploderà, la storia ritornerà, ma mi sembra che questa morte abbia significato e significherà per noi un restringimento della porta dei futuri possibili, dei mondi sognabili, una più chiara e stringente determinazione di quello che l’uomo desidera, per fortuna o purtroppo.
Lascio due estratti di rassegna stampa su B., entrambi bellissimi e da leggere integralmente, e un post su facebook di Marco Ciriello che rende omaggio a Flavia Franzoni.
Ivan Carozzi, articolo completo su Limina Rivista
Si capisce perché la destra e il Governo hanno tanto tenuto alla giornata di lutto nazionale. Hanno capito che il trapasso di Berlusconi non sarebbe stato un evento insignificante, ma l’occasione per trarre un profitto e creare le condizioni per costruire una rendita simbolica e politica, per riscrivere la storia del berlusconismo, per piantare le radici nel XXI secolo e consolidare una già robusta egemonia culturale.
Christian Raimo, Domani, trascrizione integrale dell’articolo qui
Ho cominciato a essere uno di quei ragazzini colti, disinibiti, con la parlantina facile, la curiosità per il mondo, una gran capacità di fare associazioni mentali, che si mette davanti alla televisione con i piedi sul tavolino e con altri suoi pari coetanei e intelligenti passa le ore a fare battute sagaci su quanto sia una merda per cervelli lessi tutto quello che passa in tv. L’appuntamento del divertimento quotidiano ero io col mio migliore amico d’allora Giuseppe. Dopo pranzo, quando prima di studiare ci guardavamo un’ora e mezza di Non è la Rai, per sfottere la demenza del mondo contemporaneo.
Da lassù ti fa ridere tutto questo, Silvio? Ti viene da ridere se ti racconto della volta in cui io sempre con Giuseppe siamo andati al centro Palatino? All’entrata delle ragazzine di Non è la Rai: quindicenni, sedicenni sicure di sé che nel novanta per cento dei casi sarebbero diventate delle bambine implose. I ragazzini, che stavano lì davanti al Centro Palatino, erano adolescenti sfigati, brufolosi, allampanati o grassocci, famelici, incattiviti direi, che venivano dai paesini sperduti della provincia italiana, magari accompagnati dai genitori, sotto il sole, all’ora di pranzo, a giugno, e avevano in mano quadernoni enormi ad anelli con tutte le foto autografate delle ragazze di Non è la Rai. Ero diverso da loro? Ero là, con ancora meno motivi, a giustificare le mie mattinate sprecate, l’intera gioventù, col mio essere sociologico rispetto alle cose. Siamo diventati gli osservatori critici della realtà; abbiamo chiamato questo cinismo soffice antiberlusconismo, alle volte persino sinistra. Come se la realtà si potesse mettere in discussione senza riconoscere quanto eravamo composti di quella stessa materia.
Marco Ciriello su Flavia Franzoni, moglie di Romano Prodi, scomparsa sempre questa settimana, martedì 13 giugno.
Ho sempre pensato che Flavia Franzoni fosse speciale, il suo cristianesimo, la sua umiltà, la sua guida nell’ombra del marito, perché se fosse apparsa un passo avanti lui – come in una fiaba – sarebbe scomparso, e questo non era un segreto. La vedevo come il Don Camillo di Giovannino Guareschi, lei parlava con Gesù in croce e poi diceva a lui, non tutto, ma quello che serviva. Per praticità, e sopravvivenza del bene. Senza altari. Poi lo lasciava andare a ricoprir cariche e cattedre, avendolo legato a sé con un filo di lana. Insomma, una grande storia d’amore, per merito di Flavia. Che poi dove lui era pretesco lei diventava ultra laica, e dove serviva – perché lui col tempo ha imparato a dar gomitate – lo riportava all’interno della vigna, con leggerezza francescana. Una langeriana. Una sorta di San Cristoforo che porta la gente oltre il fiume. E secondo me era l’unica cosa che B. invidiava a Prodi, anche perché non si poteva comprare. Come scriveva Edmondo Berselli: «molte eminenze preferiscono il divorziatissimo Berlusconi ai cattolici come Prodi e alla di lui moglie, cattolica integrale e radicale, la Flavia, una che potrebbe fondare un partito chiamato Rifondazione cristiana e non fa che parlare di poveri e di solidarietà». E che rispose «Io non esisto!» nel 1996 a Piero Chiambretti. Invece, esisteva e teneva tutto insieme. Flavia si laureò con Andreatta, che mi rendo conto oggi appare lontanissimo come Diocleziano, ma è stato una delle grandi intelligenze politiche della prima Repubblica: da giovane consigliere di Aldo Moro a professore in India dopo gli studi in Inghilterra – suo assistente era Romano Prodi – fino ad essere ministro più volte; per farvi capire questo è quello che scrive la moglie, Giana M. Petronio, in “è stata tutta luce”: «Dovessi infatti rispondere alla domanda "proustiana" su qual è stato il momento più bello della mia vita, non potrei dire “quando mi ha fatto la dichiarazione”, risponderei “quando mi ha chiesto di correggergli le bozze”». Un altro mondo: cancellato dai commercialisti a cavallo, della Lega.
“Ad ogni strappo c’è un rammendo.” Flavia Franzoni