Tuffi/48
Ponte sullo Stretto, vasi sanguigni, Walter Siti, questionario Bolaño, panini, Oliverio Girondo
Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
Ponte sullo stretto. Poiché sembrerebbe che stavolta si fa sul serio, illudiamoci anche noi. Viviamo pascalianamente come se davvero si facesse, e in particolare affrontiamo un argomento apparentemente ragionevole che viene tirato fuori da molti siciliani (immagino anche da molti calabresi) contrari all’opera. L’argomento è: “invece che fare opere faraoniche, il governo si concentrasse sul migliorare le pessime infrastrutture che già esistono e che cadono a pezzi. Non ha senso fare il ponte finché da Palermo a Messina non c’è l’alta velocità o un’autostrada ben tenuta.”
Bene: questo argomento è fallace. Le infrastrutture funzionano come i vasi sanguigni (mi lancio in questa allegoria sperando non ci siano medici che leggono). L’irroramento degli ultimi rami periferici dipende da quanto sangue arriva all’arteria principale. Non sono concorrenti, non si rubano risorse, anzi: uno abilita l’altro. Più arterie ci sono, più il sangue circola fluido e abbondante, più c’è speranza che ne passi negli ultimi capillari.
Se negli ultimi 50 anni gli investimenti pubblici e privati non sono riusciti a dare un servizio decente alla Sicilia, le cose non miglioreranno facendo gli offesi e boicottando un’altra opera. Al contrario, se c’è qualche speranza che le cose migliorino, quella speranza passa proprio dal successo di quell’opera, che abiliti e renda interessante aggiungere investimenti e altre infrastrutture.
Rassegna stampa 1. Un’ipotesi sul motivo per cui il ponte non si è fatto finora, e potrebbe continuare a non farsi: a livello di stato dell’arte dell’ingegneria mondiale, non siamo ancora in grado di fare campate così ampie, cioè lunghe i 3 km che servirebbero a Villa San Giovanni. Ne parlava qualche anno fa, qui, un blog molto bello, Leonardo. L’articolo è del 2016 ma l’unico aggiornamento nel frattempo è stato che la campata più lunga non è più quella giapponese di Akashi (1991 m) bensì quella turca sullo stretto dei Dardanelli (2023 m). Still 1 km to go.
Rassegna stampa 2. Un’intervista a Walter Siti basata sul “questionario Bolaño” (format notevolissimo di cui vale la pena citare tutta la descrizione: “messo a punto da Emmanuel Bouju a partire dal modello fornito dall’ultima intervista rilasciata dal grande scrittore cileno a Monica Maristain, originariamente pubblicata sull’edizione messicana di «Playboy» nel luglio del 2003.”)
L’intervista è stata fatta dalla rivista francese En attendant Nadeau e poi tradotta e pubblicata in italiano da Snaporaz (ottimi ragazzi che salutiamo). Riporto una battuta notevole di un’intervista tutta abbastanza notevole:
Le è capitato di versare delle lacrime per delle critiche negative?
Sì, al tempo di Bruciare tutto; ma non piangevo perché pensavo che il mio libro fosse brutto, piangevo perché temevo di essere una cattiva persona e che la scrittura non fosse riuscita a nasconderlo. Quando mi viene questo in mente, che ho sempre vissuto da turista del bello senza mai assumermi le responsabilità del brutto, mi capita di piangere da solo.
Teche:
L'unico vero tasto dolente culinario del sud nei confronti del nord è la cultura del panino. Al sud il panino è mera giustapposizione di ingredienti all'interno del pane. Ovviamente i singoli ingredienti e il singolo pane sono più buoni al sud, ed è stata forse questa consapevolezza a ingenerare la pigrizia nel preparare il panino. Nei panini del nord, in particolare milanesi, c'è invece un amalgama, una legatura, quasi una risottatura, anche aiutata da tutte le loro salsine da culisti, bàlsami, ingredienti sintetici che al sud ancora mancano, che alla fine fanno la differenza. Al sud il panino è un concerto solista o al massimo duettato (v. tendenza all'uomo forte, all'assistenzialismo, etc), al nord anche nel panino del baretto più sfigato c'è almeno un'orchestra da camera, una cooperativa. E ormai che gli ingredienti buoni sono più o meno reperibili ovunque, non c'è più partita. L'aspetto formale più sconveniente è che mentre nel resto della cucina ogni tradizione locale ha i suoi piatti, più o meno incommensurabili, la sua nomenclatura etc., il panino si dice e si pensa panino ovunque.
Espantapájaros - Oliverio Girondo
No sé me importa un pito que las mujeres
tengan los senos como magnolias o como pasas de higo;
un cutis de durazno o de papel de lija.
Le doy una importancia igual a cero,
al hecho de que amanezcan con un aliento afrodisíaco
o con un aliento insecticida.
Soy perfectamente capaz de soportarles
una nariz que sacaría el primer premio
en una exposición de zanahorias;
¡pero eso sí! -y en esto soy irreductible– no les perdono, bajo ningún pretexto, que no sepan volar.
Si no saben volar ¡pierden el tiempo las que pretendan seducirme!
“Salsine da culisti” 🫶🏼