Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
Cerchiamo soci per aprire una società di head hunting che selezioni e assuma solo persone che hanno fatto gli scout.
[Incredibile, ma forse neanche troppo a guardare chi si occupa oggi di risorse umane, che questo criterio non sia ancora utilizzato per separare facilmente la crema dell’umanità dal resto dei mammiferi bipedi].
In una fase più avanzata della crescita societaria, separare due categorie di business:
1. standard workforce (scout laici)
2. executive / top management (Agesci).
In un angolo remoto della Sicilia (il centro di Palermo) sono passato davanti a due signori seduti su una panchina, anziani, uno avrà avuto 65 anni e l’altro 80. Quello di 65 parlava, gesticolava, se la prendeva con non so chi (forse il governo); l’altro, l’80enne, era in silenzio e completamente inerme. Nessuno si aspettava da lui che dicesse qualcosa, rispondesse, opponesse qualche forma di resistenza. Era semplicemente passivo, guardando una specie di vuoto davanti a sé. Questa dinamica credo sia molto comune in tutto il mondo precontemporaneo (coniamo en passant questa etichetta, poi un’altra volta la formalizziamo meglio), rurale, o nel più generale Global South.
Oggi in città ci aspettiamo sempre che i dialoghi siano tali, che ci sia uno scambio di idee fitto e serrato, paritario, e che questo equilibrio sia precondizione di democrazia, quasi di buona educazione. Nel vecchio mondo, il mondo che Tuffi idealizza e che ancora non è chiaro se gli storiografi riconosceranno come realmente esistito - un po’ come l’antropocene -, i veri dialoghi erano una cosa molto rara. Una forma molto diffusa di comunicazione era invece il monologo, in cui uno parla, recita, insegna, declama, fa il pazzo, si corregge, mentre un altro fa il pubblico, e non c’è nessun imbarazzo se quest’ultimo, pur presente in scena, non intervenga mai.
Il nuovo libro di Chiara Valerio è entrato nella dozzina da cui verrà selezionata la cinquina finalista del premio Strega. Lungi da me poter esprimere un’opinione letteraria formata, mi limito a riportare un episodio giornalistico di qualche settimana fa. Sul Foglio weekend del 16 marzo, Annalena Benini ha recensito l’ultima opera di Chiara Valerio. Annalena Benini è una donna veramente intelligente, acuta - e a quanto pare è anche brava a tessere tele di potere, al punto che dall’anno scorso è la nuova direttrice del salone del libro di Torino. Bene, nonostante (o forse proprio in virtù di) questo ragguardevole potere editoriale, Benini non ha potuto esimersi dal recensire il nuovo romanzo di slaterpins (così si chiama Chiara Valerio su instagram). Sarà che ho molti pregiudizi ma la recensione, una singola colonna a sinistra della pagina, sembrava proprio il compitino col naso tappato di chi si deve sforzare di trovare frasi carine per trasmettere un entusiasmo che non ha provato durante la lettura. Nel mondo della cultura notoriamente abbondano gli encomi tra colleghi, soprattutto tra colleghi scarsi, ma leggere anche la Benini inchinarsi al potere di Chiara Valerio mi ha fatto una piccola impressione.
Ribadisco: non ho letto il nuovo libro né nessun libro di Chiara Valerio. Avendo letto qualche suo editoriale e avendola sentita intervenire qualche volta in tv, mi limito a dedurre che da quella penna e da quella testa non possa mai uscire niente di significativo o di interessante al di là della microprovocazione estemporanea, al di là di Tina Cipollari se avesse fatto studi superiori. Vorrei quasi fare una inchiesta giornalistica ricostruendo tutte le tappe che hanno portato una persona come Chiara Valerio al vertice della cultura medio-alta italiana. Una ricostruzione storico-filosofico-dossieristica, su lei e su noi, sul momento storico, un po’ come fece Raffaele A. Ventura in quel bellissimo pezzo di quasi 10 anni fa, Che cosa abbiamo fatto per meritarci Diego Fusaro.
(Ciao Diego, ci manchi)
Teche: ritornello che ho scritto tempo fa e in cui credo ancora molto.
Se telefonando
Io potessi ancora comunicare qualcosa ad un livello vagamente soddisfacente
Ti chiamereiInvece ti mando un ricchissimo messaggio vocale
E delle emoticon a corredo, per fugare ogni eventuale ambiguità o mancanza di empatia