Tuffi/34
Enea, Pietro Castellitto, eccetera eccetera, Benanti commissione, Gaspari matrimoni, Israele Sudafrica, microfoni, maglione Thegiornalisti.
Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
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Enea, nuovo film di Pietro Castellitto. Nuova pietra miliare del cinema di Roma Nord. 4 stelle su 5. Molto consigliato. Qualche appunto sparso sulla visione.
come Romantiche di Pilar Fogliati, l’altra pietra miliare di questi film di RN del 2023, non so quanto Enea sia fruibile nelle sfumature da chi non ha familiarità con quel mondo. Verrà un dottorando del DAMS che si metterà fuori ai cinema di Genova o di Varese a chiedere agli spettatori all’uscita che cosa hanno sentito, quanto hanno empatizzato. Sarebbe sinceramente interessante.
P. Castellitto (così come anche il padre Sergio) è un attore straordinario. La recitazione nel ruolo dello stronzetto di Roma Nord, così come la recitazione del fratellino Cesare che fa la parte del fratellino dello stronzetto di Roma Nord (RN), sono immacolate.
In una battuta di Benedetta Porcaroli, fidanzata del protagonista, viene data una bella definizione di violenza: “sorridere e andare avanti, qualunque cosa succeda”.
Se dovessimo dare una definizione di Roma Nord diremmo che è attaccamento alla famiglia. Non so se è una definizione ambigua, sicuramente molte culture e forse la specie umana intera sono molto attaccate alla famiglia, ma questo film rappresenta molto bene la morbosità pacificata e totalizzante dei figli di RN con le loro famiglie. Non c’è niente al di fuori della famiglia. Il mondo intero corrisponde alla figura dei genitori (parentesi: in questo caso, e nella RN più ricca e cattiva, del solo padre - la madre è una vittima insulsa del sistema, poi un’altra volta ne riparliamo di questa piccola differenza). Il mondo esterno è uno strumento per la maggior gloria della famiglia. A inizio film c’è una frase che dichiara le intenzioni morali di tutta l’opera, Pietro chiede alla madre: “mamma, noi siamo un clan?” Ecco, il clan è la nobilitazione massima, quasi sempre mancata, del più realistico iperfamilismo di RN.
Faccio un esempio più concreto sperando di non essere noioso. Pietro è il figlio grande ed “emancipato” della famiglia, e ha un fratello più piccolo, di 16 anni, il cui attaccamento ai genitori viene dipinto come morboso (dorme ancora nel letto dei genitori). Faccio un’ipotesi: questo esercizio di scaricare l’attaccamento verso i genitori sul fratello piccolo rappresenta proprio l’attaccamento morboso e indicibile e forse anche inconsapevole del figlio grande, cioè Pietro, (cioè lo sceneggiatore), che in questa dinamica gioca a fare il padre. Cioè gioca a dispensare consigli paterni al fratellino, e questo gioco di presunta maturità è proprio il desiderio di mimesi tra figlio grande e padre, oggetto massimo del desiderio e della realizzazione di vita. Credo che queste cose le abbia già dette Freud, ma mi dispiace che non abbia potuto fare degli esperimenti a RN.
La regia è brillante, quasi tutti gli espedienti estrosi sono riusciti e ben misurati. C’è forse solo un po’ di naïveté nel voler riprendere alcune scene complicate e che si potevano omettere. Ma globalmente va benissimo. Scrittura eccellente.
Nel film c’è anche una bella argomentazione sulla differenza tra potere e potenza. Una specie di manifesto di sansepolcrismo vs. fascismo regime. Tipo che il potere è arroganza e violenza, mentre la potenza richiede sacrificio e generosità. Accumulazione vs. potlach. Sarebbe interessante approfondire come si lega, secondo l’autore, questa fascinazione verso l’ardore fugace con la prospettiva tridimensionale della fondazione di un clan.
Pietro Castellitto, da anni preso in giro per le frasi sul “Vietnam di Roma Nord” (metafora di una certa originalità, e che tra l’altro si rivelò un’ottima esca per selezionare i commentatori più ingenui), è oggi una delle persone famose con più cose da dire in Italia.
Per il principio di sinteticità, uno dei criteri secondo cui giudichiamo gli esseri umani è quanto sono stringati nell’esprimere concetti. Per questo motivo, alla fine di un elenco per dimostrarsi intelligenti bisognerebbe dire soltanto “eccetera”. “Eccetera eccetera” compromette già l’eccellenza e ci mette in una posizione di medio acume. “Eccetera eccetera eccetera” ci avvicina a grandi passi alla schiera degli sciocchi.
“Every technological artefact is a displacement of power, is a form of order”.
Sembra una frase di un libro illeggibile di Nero Edizioni, e invece è una frase che avrebbe detto un professore della Georgetown University a frate Paolo Benanti, durante gli studi di dottorato in Teologia Morale di quest’ultimo. Qualche giorno fa, Benanti è stato nominato capo della Commissione italiana sull’intelligenza artificiale, prendendo il posto di Giuliano Amato. Da ottobre ‘23, Benanti è anche membro New Artificial Intelligence Advisory Board delle Nazioni Unite.
(questa frase viene citata in questa audizione di Benanti alla Camera. Dura 45 minuti, è abbastanza interessante anche per conoscere un po’ il personaggio).
Rassegna stampa: Ilaria Gaspari, Perché ci si sposa e non si divorzia (una specie di mini inchiesta sugli amori che continuano a funzionare)
Rassegna stampa 2: stanno succedendo cose interessanti su Israele, il Sudafrica, la corte internazionale di giustizia e l’accusa di genocidio. Saprete già tutto, se non lo sapete googlate.
Premesso che queste cose è meglio che esistano piuttosto che non, alla fine è anche bello rilevare che sul campo cambia - per il momento - poco. Perché alla fine Israele, supportato da Biden, fa il ca**o che gli pare. Come diceva l’amichetto nostro Pierpaolo, “nulla è più anarchico del potere”; mentre Patrick Swayze ci insegna che “Nobody puts Baby in the corner” se Baby detiene le redini dell’informazione mondiale e i favori del più potente esercito del mondo.
Più grande esercito del mondo che ha iniziato a sparare sugli Houthi, nel già citato stretto all’imbocco sud del Mar Rosso, ma ancora ce n’è di guerra da fare. La coalizione occidentale ancora non è compattissima, perché questa è gente che si fa saltare in aria nelle città europee senza troppi complimenti. Vedremo.
Teche:
"Il tuo maglione mio, sì, pure quello era dei miei". In questa frase, più che in mille (e pure pertinenti) analisi sociologiche de I Cani, è rappresentata l'essenza di Roma Nord: l'immediatezza con cui ciò che è dei miei è già sempre (cioè non compie mai l'atto storico di 'diventare') mio. ‘Io’ sono ‘i miei’, non per analogia ma per tautologia. Ringraziamo gli inconsapevoli Thegiornalisti per aver regalato a Roma Nord, finalmente, il suo inno definitivo, frizzante, estivo, bipartisan e dolcissimo.