Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
Annarella dei CCCP è una Claudia Pandolfi ante litteram.
Consigli su come piangere meglio. Può capitare, soprattutto agli uomini, di essere tristi per qualche motivo e non riuscire bene a piangere. Non che piangere sia necessario, però a volte può essere un buono sfogo, e poi gli scienziati femministi dicono che fa proprio bene alla salute e se un uomo non piange mai è uno stronzo col complesso del pene piccolo.
Veniamo al consiglio: se non riuscite a piangere, scrivete le cose che vi rendono tristi. Descrivetele semplicemente, oppure fingete di scrivere una lettera a qualcuno in cui spiegate le circostanze. Mettere quelle cose davanti a voi, visualizzarle, dovrebbe aiutarvi al pianto. Inoltre lo sforzo di scrittura produce sempre nell’essere umano una ancorché piccola e fugace sorta di compiacimento, quindi un’atmosfera lirica, quindi uno stato d’animo più incline alla catarsi e (ci auguriamo) alle lacrime.
Questa cosa che si sente spesso, che le persone non fanno figli perché non hanno soldi, il precariato, gli asili nido. Non è vera. Cioè sarebbe bello se fosse vero, avremmo tutti una bellissima e rotondissima battaglia da combattere, tra l’altro una battaglia trasversale, che unisce la sinistra di classe e la destra sociale, uniti per dare un futuro al popolo o alla nazione, etc. Però purtroppo non è vera. Lo sappiamo benissimo perché i giovani non fanno figli. Perché vanno a cena fuori 4 sere su 7, perché preferiscono dilapidare patrimoni in animali, perché fanno due viaggi intercontinentali all’anno, perché si fanno spiegare nei dettagli le storie dei produttori dei vini naturali. E poi ovviamente la paura, la fragilità, l’insicurezza, la pervasiva Scienza della giusta coltivazione dei figli e il non sentirsi all’altezza, la facilità del consumare vs. la faticosità del costruire, etc.
Insomma cose serie, cose intime e profonde. I soldi, purtroppo, c’entrano poco.
Come affrontare un nuovo social? Ci avviciniamo a Threads con i paradigmi del vecchio social. Sono entrato il primo giorno e ho visto un amico che faceva una battuta da facebook 2013. Io stesso, che quel giorno avevo uppato una battuta del 2016, non sapendo cosa fare ho detto Ma sì, ripubblichiamola qui. Poi, ancora più incolpevolmente che su instagram, ho avuto in dono dall’algoritmo l’ostensione di varie donnine. Era già da qualche giorno che sentivo dire “Threads è pieno de z*ccole e de vecchi”. I vecchi, va senza dire, siamo noi. E la cosa più bella, o che più mi rincuora per similitudine a me, è che quelle donnine aspiranti influencer del desiderio non hanno semplicemente pubblicato una foto procace, ma sono state attraversate dagli stessi dubbi miei e del mio amico, e alla fine hanno semplicemente riproposto un instagram del 2016. probabilmente hanno riciclato una foto del 2016.
Come affrontare un nuovo social? L’imbarazzo della domanda proviene dal fatto che il “nuovo social” ha in realtà un format vecchio. Ci è stato presentato proprio così, come ‘il twitter del gruppo Meta’. Se fosse stato un format nuovo, come ad esempio (più o meno) Tiktok, si sarebbe imposto con la sua prossemica, con la sua grammatica, e avrebbe generato una classe dirigente che eccelle in quella grammatica. Invece il palese deja-vu ci fa partire con tutte le zavorre, le paranoie e le ipotetiche strategie vincenti che abbiamo accumulato in questi anni.
Domanda esistenziale-professionale: un social media manager con 15 anni di esperienza su Facebook e Instagram, può ritenersi anche pronto a una carriera su Threads?
Se a capodanno non avete programmi, o se ne avete di mediocri e siete in zona Firenze, valutate di andare al Capodanno di GKN.
Per chi non si ricorda cos’è GKN, qui un’intervista che avevamo fatto al più rilevante politico italiano attuale, Dario Salvetti.
Teche:
Per quanto effimeri, violenti, superstiziosi e altre cose problematiche per la modernità, i fuochi d'artificio sono l'ultimo gesto economico privato espressamente votato all'abbellimento di uno spazio pubblico (il cielo), fruibile all'interno di un rito (gli auguri di capodanno) naturalmente collettivo e a somma positiva, cioè immune all'invidia.