Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
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Di tanto in tanto, come si diceva, ospiteremo contributi esterni. Questa settimana ospitiamo una riflessione tripartita, ancora sul femminicidio, di Raffaele Alberto Ventura. Amico e in qualche modo padre nobile del Tuffatore (suo malgrado), filosofo, scrittore - grande prosatore. “Quello della Classe Disagiata”, come diceva Kissinger. Da pochissimo tornato in libreria con La regola del gioco.
A lui la parola.
Dicono le femministe: “Il violento non è malato, ma figlio sano del patriarcato.” Risponde a stretto giro CasaPound: “Ma quale patriarcato? Questo è il vostro uomo rieducato”. Pur ridotta a slogan, la questione non è banale e ci interroga sul rapporto sistemico tra norma e devianza. Mi permetto allora di suggerire tre piste di riflessione ispirate ad altrettanti modelli di studio dei sistemi: quello degli incidenti aerei, quello della trasmissione dei segnali e quello delle oscillazioni nei processi di controllo.
Prima pista. Ci si è chiesti se ha senso interessarsi, pur nella sua tragicità, a un fenomeno sociale (1) raro, (2) che non risulta in aumento e (3) che, in Italia, è molto meno frequente che nella maggior parte dei paesi, anche europei, spesso più avanzati negli standard di genere. Invocando le leggi della statistica, si è suggerito che dall’evento raro non sia possibile produrre un sapere razionale. Questo non è del tutto vero e ce lo mostra il caso degli incidenti aerei. Gli incidenti aerei (quando si schiantano) sono eventi rarissimi, eppure ce ne interessiamo e impegniamo una mole ingente di risorse per prevenirli. In effetti, è probabile che eviteremmo questo mezzo di trasporto se sapessimo che ogni anno precipita un aereo di linea con a bordo centosei passeggeri, ovvero il numero di femminicidi in Italia nel 2022. Diverso effetto ci fanno i tremila morti all’anno in incidenti stradali. Al di là delle ragioni psicologiche, non del tutto razionali, che ci portano a ponderare in maniera diversa questi rischi, la questione interessante mi pare che sia la possibilità di dare una lettura statistica dell’evento raro. Visto l’altissima mole di protocolli di sicurezza applicati al trasporto aeronautico, il singolo incidente è il risultato di una somma di fattori: un guasto materiale + una decisione sbagliata + una supervisione carente + un elemento ambientale. Insomma se l’incidente è in sé raro, l’incidenza dei singoli fattori potrebbe invece avere una rilevanza statistica più palpabile. L'evento raro è il risultato di una combinazione di eventi tutt'altro che rari. Ecco, forse dovremmo considerare gli atti terroristici e i femminicidi alla stregua degli incidenti aerei, come eventi rari prodotti da una stratificazione di fattori di rischio sui quali invece abbiamo una certa visibilità. Quanto alla scelta di applicare le medesime risorse dell’aeronautica per prevenirli, si tratta evidentemente di una questione di costi e benefici della sicurezza con potenziali derive distopiche (sul terrorismo, si vedano i bei libri del politologo John Mueller).
Seconda pista. Abbiamo tutti visto circolare l’illustrazione che mostra l’iceberg della violenza, che nella parte emersa culmina col femminicidio e nella parte immersa mostra un ampio spettro di comportamenti variamente sessisti. Personalmente io non me la sento di escludere che, in qualche modo anche molto indiretto, possa effettivamente esserci il contributo di qualche elemento apparentemente inoffensivo (diciamo: la barzelletta sessista) nella catena delle cause che porta alla violenza. D’altronde abbiamo appena parlato di una stratificazione di fattori di rischio. Se il pilota dell’aereo ieri sera ha festeggiato il compleanno, potrebbe avere un’ora di sonno in arretrato e i riflessi rallentati: la farfalla, l’uragano. Nei casi di femminicidio, allora, non possiamo escludere che l’assassino abbia effettivamente recepito - pur in modo amplificato e deformato - qualche modello sociale. Non arriverei a parlare di “figlio sano del patriarcato”, ma sono pronto a riconoscere che un certo maschilismo diffuso possa essere confusamente entrato nel suo calcolo di morte. Né bisogna sottovalutare un aspetto sollevato da alcune femministe, ovvero la radicalizzazione online: c'è chi, credendo di fare humor nero o vendere i suoi corsi di autostima, fomenta degli spiriti deboli. Il modello da applicare, qui, è quello del segnale che arriva al ricettore attraverso un canale che potrebbe subire interferenze, o essere decodificato in maniera aberrante. Ad esempio una certa idea della coppia eterosessuale che diventa matrice di possesso esclusivo e soffocante. La devianza non è il contrario della norma, ma la sua riproduzione difettosa. Allora anche qui non si tratta di difendere misure drastiche contro ogni potenziale elemento culturale deformabile, risalendo fino a Shakespeare, ma di essere tutti consapevoli che i segnali mandati dalla società - la televisione, i film, la trap, eccetera - vengono recepiti nei modi più assurdi e svariati, senza che si possano dare per scontati codici e strumenti d’interpretazione: è ironico, è una finzione, è una mise en abîme meta-testuale (eh?)... Questo vale in particolare per i più giovani. Smettiamo di illuderci bonariamente che comunichiamo con interlocutori ideali e cerchiamo di anticipare il loro disagio. Pensiamo a una cultura di massa che sia utile a tutti, “resiliente” (scusate) alle deformazioni, altrimenti non avremo altra scelta che puntellare la società con crescenti misure repressive - di nuovo, la distopia.
Terza pista. L’antico modello patriarcale, è stato detto da alcuni e non solo conservatori, più che causare questo genere di fenomeni estremi serve a prevenirli. Questa è, da un certo punto di vista, un’evidenza. È il modello dei vasi comunicanti: come se la violenza dovesse essere allocata in un modo o nell'altro, di qui o di lì, concentrata o diffusa, espressa o catartizzata. Io cito sempre la scena del Padrino in cui la violenza del marito viene punita dai fratelli della moglie. Ma questo equilibrio del terrore ratifica il dominio maschile e in questo senso costituisce un vero e proprio “ricatto patriarcale” di stampo mafioso. Dire che il vecchio patriarcato sarebbe un ordine sociale giusto perché preveniva i femminicidi equivale ad accettare che i maschi traggano una rendita dal fatto di impedire ad altri maschi di uccidere le femmine. Non esattamente un modello di società ideale, anche perché lo stato di diritto dovrebbe averci portato un po’ oltre. Detto questo, il problema è ancora un altro: se da un certo punto di vista è un’evidenza che il patriarcato ha svolto a lungo questa funzione di controllo, non è da escludere che i fenomeni di violenza nascano però da un’oscillazione del processo di controllo - come effetti secondari del monopolio della violenza. Nello stesso modo in cui ad esempio la polizia, nel produrre sicurezza, genera anche insicurezza ai margini. La devianza qui sarebbe dunque un effetto collaterale dell'applicazione della norma, una sbavatura occasionale. Se così fosse, dovremmo chiederci se la violenza generata ai margini dal ricatto patriarcale - in forma di deformazione del segnale o di “incidente aereo” - non sia effettivamente chiamata ad aumentare nei prossimi anni in conseguenza della crisi del modello. Questa non sarebbe, ad ogni modo, una ragione per difendere lo status quo. Semmai, ci stimola a inventare nuovi meccanismi di controllo che, al posto della lupara del padre, non abbiano la divisa del carabiniere né la toga del giudice.
Rassegna stampa 1: editoriale dell’Economist di qualche giorno fa. Sottotitolo: Il più grande vantaggio di Putin è la mancanza di visione strategica dell’Europa.
Rassegna stampa 2: è morto Kissinger. Qui un estratto del 2014.
Dopo lo scoppio della guerra del 2022, cioè quando Putin rese le cose irreversibili, Kissinger cambiò idea. Però intanto nel 2014 la pensava così.