Tuffi/27
Femminicidio, ottimo paretiano, differenza uomo donna, correlazioni ovvie, OpenAI Q*, Mario Fillioley
Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
Sono stato in grande dubbio sullo scrivere o meno qualcosa su Giulia Cecchettin, che ovviamente non è più solo Giulia ma anche la sorella, la politica, le manifestazioni, il dibattito, etc. Il dubbio non era tanto legato al “mi si nota di più se ne parlo o non ne parlo”, quanto al fatto che in alcuni giorni, e forse per la prima volta, ho sentito la nausea da dibattito ossessivo. Mi sono sentito travolto da una marea di discorsi che mi sembravano arbitrari, fuori fuoco, talvolta assurdi, e ho fatto fatica a trovare un rifugio. Tg, social network, giornali, persone comuni, non c'era via d'uscita. Spero di non infliggere ulteriore nausea agli amici lettori.
[Forse anche questo è un sintomo di maschio bianco che si sente minacciato. Senza ironia, credo servirà qualche secolo prima che qualcuno possa diagnosticare lucidamente cos'era quella nausea.]
Ad ogni modo, oltre a tutto quello che è stato detto, giusto o sbagliato secondo coscienza, vorrei provare ad aggiungere due cose + una traccia bonus.
È difficile nascondersi dietro le statistiche, ormai note a tutti, per cui la situazione oggettiva sembrerebbe ottima. Difficile perché è comunque morta una ragazza, e concettualmente è giusto, anzi è proprio sano e bello, che per ogni episodio la società si sappia ancora mobilitare, indignare, volere di più. Quindi l'ipotesi non è che siamo nel migliore dei mondi possibili (posto che siamo, è noto, nel migliore dei mondi realmente esistenti oggi, almeno da questo punto di vista). Un’ipotesi potrebbe essere che siamo in una situazione di ottimo paretiano (per maggiori info sulla definizione, v. wikipedia).
Dal punto in cui siamo, per migliorare alcune variabili, ad esempio diminuire significativamente le donne uccise, dobbiamo peggiorarne altre. è una scelta e la possiamo fare, però dobbiamo deciderlo. Ad esempio interferire su larga scala e profondamente nei rapporti umani.
Passo indietro: non ho in grande simpatia le relazioni tossiche e le persone che le sbandierano, ho in testa modelli affettivi bellissimi e credo nell'amore del Mulino Bianco (sia come metafora pubblicitaria sia inteso come tutti i singoli biscotti). Tuttavia. Tuttavia tutti noi conosciamo persone, nello specifico donne, che per motivi di fragilità o chissà cosa vivono diversamente. Per esempio, ho un’amica che salta volontariamente e consapevolmente da un maltrattamento a un altro (sempre subìti, sia chiaro). Che sia solo psicologico o anche fisico, che sia nel sesso o anche nella vita quotidiana, che sia da un uomo o da una donna, che sia reale o solo percepito e raccontato agli amici tipo me. Sintetizzo: se un giorno mi chiamasse la polizia per dirmi che hanno trovato Giuseppina (nome di fantasia) ammazzata dal fidanzato, non sarei del tutto stupito. Il punto è che Giuseppina andrebbe interdetta, andrebbe limitata nella sua libertà, le andrebbe messo il braccialetto elettronico per proibirle di avere rapporti di coppia, perché alla fine vorrà farsi maltrattare.
Domanda non retorica: è la società che vogliamo? Per ridurre i 50 o 80 o 100 femminicidi l'anno che abbiamo (non ho ancora capito qual è il numero giusto), siamo pronti a mettere in un carcere sentimentale le decine di migliaia di Giuseppine? Voi direte No! mettiamo in carcere tutti i fidanzati di Giuseppina. Ma allora forse voi non avete nessuna amica come Giuseppina, e non siete disposti ad ammettere che esistano le Giuseppine nel mondo.Ho l'impressione che la macrocornice retorica e filosofica in cui il discorso femminicidi si inserisce, cioè il transfemminismo (ormai penso si debba dire così, hanno vinto la battaglia per l'egemonia interna, non ha neanche più senso dire femminismo della terza o quarta ondata), sia in conflitto con la diminuzione della violenza, soprattutto la violenza estrema (uccisioni). In particolare un punto del transfemminismo: la rimozione delle differenze tra uomo e donna. In particolare una differenza: la forza.
Provo a sintetizzare: l'uomo è fisicamente più forte della donna. La forza fisica è il più primitivo strumento per offendere. L'uomo andrebbe messo davanti alla responsabilità della sua forza, cioè della disparità di forza che ha rispetto alla donna, e sulla base di questa consapevolezza andrebbe invitato a non usare il suo vantaggio.
Se togliamo ogni differenza (cosa che, non so se lo sapete o se ci credete, è quello che cerca di fare dalla mattina alla sera il transfemminismo) tra uomo e donna, diventa più difficile esigere responsabilità. Se diciamo a uomini e donne che sono uguali, quando le cose vanno male ognuno dei due userà tutte le armi e le forze che ha a disposizione. Un uomo spogliato di ogni superiorità fisica, quindi di ogni responsabilità, perché dovrebbe autolimitare la sua capacità di offendere?
Bisognerebbe ripartire dal famoso adagio "Le donne non si toccano neanche con un fiore". Ma, domanda non retorica: amici transfemministi, quando farete i corsi di affettività a scuola, si potrà dire che le donne non si toccano neanche con un fiore?
Bonus track: ho letto questo pezzetto di intervista al padre di Filippo Turetta. Non so se gli stanno facendo il processo pure a lui, non mi esprimo sul buono o cattivo gusto di assediare le famiglie devastate con le telecamere, parlo solo di questo pezzetto specifico.
Sia detto col sorriso, con serenità e però con grande serietà: toglieteci le tute stirate, cioè togliete alle nostre mamme il piacere di stirare le tute e preparare la cotoletta, e non bruceremo niente. Ma vi disprezzeremo.
A noi piace fare protoscienza sociale, in fondo crediamo che custodisca qualche briciola di verità o che se non altro, nel frattempo, è divertente farla. In questi giorni alcune persone ritengono opportuno farla su un cadavere ancora caldo. E trovano il coraggio di dire che alcune correlazioni controintuitive o almeno discutibili sono addirittura ovvie. Tipo il fatto che domani sorge il sole.
Rassegna stampa 1: Cosa c’è, forse, dietro il balletto ai vertici di OpenAi (una cosa che si chiama Progetto Q* e che è talmente inconcepibile che non fa ancora neanche la paura che dovrebbe)
Rassegna stampa 2: copincollo un post facebook di Mario Fillioley, scrittore e insegnante a scuola; il Ministro per l’educazione scolastica affettiva che purtroppo non ci stiamo meritando. Credo dica tutto quello che c’è da dire sulla vicenda - a saperlo prima, ieri mattina non scrivevo neanche la newsletter.
Ho ascoltato il messaggio di Giulia Cecchetin che chiedeva come fare a liberarsi di un ex fidanzato molesto. Veramente questa vicenda sta diventando troppo inquietante, troppe cose tutte insieme, tutte di fretta, non so se sia gestibile questa mole di lavoro psicologico e questo cambio di mentalità che tutti chiedono a tutti di fare (non mi pare siano cose che chiediamo a noi stessi, mi pare siano cose che chiediamo agli altri: “Se ti lascio, non mi rompere i coglioni”, e non “Se mi lasci, non ti romperò i coglioni”). E comunque io non riesco ancora ad aderire a massime che invocano libertà sfrenata nelle relazioni umane: se stai con me, se sto con te, se stiamo insieme per un periodo ragionevolmente lungo, se le nostre vite si mescolano, non so se è lecito rivendicare il diritto di non avere strascichi di nessun tipo, di non concedere niente all’abbandonato, di identificare il lasciato che piagnucola, ti implora, ti chiede una spiegazione o un discorso di addio, con un potenziale assassino. Mi pare che tutto, nel modo in cui ci schieriamo e ci infuriamo, dipenda dalla posizione in cui ci troviamo in quel momento: se ti lascio io, sparisci in silenzio mi raccomando; se invece mi lasci in silenzio tu si chiama ghosting e fai schifo come essere umano.
Io sono sicuramente stato un ex fidanzato molesto e altrettanto sicuramente ho avuto ex fidanzate moleste, e ho visto miei amici e mie amiche e miei conoscenti di entrambi i sessi assumere più volte nella vita entrambi i ruoli di molestatore (a me pare un’enormità, ma sto al termine per chiarezza) e molestato. Ricordo che certe sere sarei voluto andare in quel certo locale in cui tutti i giovani si incontravano e non esserci andato, per un po’ di tempo, per evitare di incontrare una ex ragazza che immaginavo stesse là appostata per chiudermi in un angolo e farmi dei discorsi (che avevo già affrontato e che ritenevo fosse inutile affrontare ancora), e ricordo altrettanto bene di essere stato io a volte quello che sperava nell’incontro casuale per rintronare con altri discorsi inutili una ragazza che mi aveva lasciato.
Non mi sogno nemmeno di giustificare le molestie, lo stalking e non so quale altra forma di persecuzione, però a me quel messaggio sembra rientrare ampiamente nella casistica di due ragazzi che si sono lasciati dopo anni e una dei due si ritrova tra i piedi un impiastro e l’altro è l’impiastro che non si toglie dai piedi. Quello che è successo dopo non sono affatto sicuro che sia riconducibile a quel messaggio, proprio per niente, e mi preoccupa che gli indizi diventino prove e si cominci ad agitare l’MDSM come se fosse il codice penale, queste diagnosi fatte come se fossero processi sommari di una corte marziale, non lo so, spero di essere compreso.
Ancora una volta, mi pare che stiamo diventando crudelissimi coi ragazzi: siamo prescrittivi e normativi e anche molto descrittivi con loro circa le forme, i modi, l’esatta intensità, qualità e quantità e gamma di sentimenti (tutti buoni, ovviamente, come se si potesse separarli da quelli cattivi che porta con sé) che costituiscono “l’amore”. Tutte regole che naturalmente per noi adulti è come se non valessero (dal momento che in moltissimi siamo alle prese con divorzi, litigi, piatti spaccati per terra, film di Muccino, ex fidanzati ed ex mariti che trascinano i figli in tribunale come armi di ricatto ecc), quindi habeas corpus solo per noi, e invece per i ragazzi niente. Gli spieghiamo quando è amore e quando non lo è, e lo facciamo con una sicumera del tutto ingiustificata: che ci vuole? C’era il segnale, non l’hai vista la red flag, non te ne sei accorta?
E poi, la diagnosi più semplice di tutte: “Se ti fa stare male non è amore”. Ma davvero? Siamo sicuri? Se lo siamo, allora forse è meglio non dire (come ho sentito ultimamente) che l’educazione sentimentale che dovremmo fare a scuola c’è già ed è implicita nello studio della letteratura, dei romanzi, delle poesie, dell’arte e di tutte le varie humanities.
L’amore di cui leggiamo in classe, a scuola, nelle antologie, nelle storie della letteratura, nelle poesie, è una parola-ombrello, raggruppa sentimenti molto diversi, una vera tempesta di moti dell’animo che quasi mai vengono descritti come felicità e puro benessere e quasi sempre come un trambusto assai poco piacevole. Una delle esperienze più forti che possano accadere nella vita, certo, ma al punto da poterci sconvolgere: i sentimenti si incarnano nel corpo e lo scombussolano, diventiamo fragili e aggressivi, ci esaltiamo al punto da sentirci onnipotenti, ci convinciamo di essere invidiati da tutti e diventiamo paranoici, crediamo con certezza assoluta che la nostra amata o amato sia concupita da qualcun altro e ci sentiamo gelosi, possessivi. Quindi insomma: soprattutto da giovani, sopratutto AI giovani non è veramente da stronzi chiedere, esigere, pretendere che distinguano il grano dal loglio, che sappiano gestirsi tutto il bordello che scatenano gli amori?
Se pensiamo questo, allora è pura schizofrenia fargli leggere a scuola Leopardi e tu dormi e già non sai quanta piaga m’apristi in fondo al petto e due secondi dopo dirgli col ditino alzato: eh Giacomino mio, ma quella nemmeno sa che esisti, che ci facevi dietro la finestra a spiarla? Adesso andiamo dal neuropsicologo forense e la facciamo leggere a lui questa bella poesia da maniaco che hai scritto alla povera Silvia.
A sé stesso non sembra l'ultimo post di uno che sta per commettere un femminicidio o un suicidio?
Se l’innamoramento è una condizione psicofisica talmente potente da essersi fatta strada perfino nel cagionevolissimo corpo di Leopardi, se pure lui, perfino lui, non ci capiva niente, SE ANCHE LEOPARDI, UNA DELLE MENTI PIÙ LUCIDE E FUORI SCALA DELLA NOSTRA STORIA SI SMARRIVA, per quale motivo Pippo Ambrogio della III H, a sedici anni e con quattro insufficienze in pagella, dovrebbe sapere gestire tutto quello che sente altrimenti finisce in sedazione farmacologica o in castrazione chimica?
Leggere Petrarca, un persona vissuta secoli e secoli prima di me, mi strugge, mi strazia, fa risuonare parti di me che detesto e che vorrei non avere, non mi ha insegnato niente, meno che mai mi ha insegnato a distinguere l’amore giusto e vero da quello sbagliato e falso (anzi su questo probabilmente ha aumentato il mio grado di confusione), e quando lo leggo sto male e allo stesso tempo mi consolo. Penso: ma com’è stato bravo a soffrire Petrarca, ha sofferto proprio bene, ha sofferto come Massimo Troisi chiedeva di poter fare in Scusate il ritardo e non lo lasciavano mai in pace abbastanza da poterlo fare. L’amore? Probabilmente l’amore non piaceva moltissimo a Petrarca, di sicuro non gli piaceva quando scriveva et ardo et spero et brucio et sono un ghiaccio, non credo fosse un patito dell’amore quando, alla fine di questo sonetto stupendo, si dichiarava talmente prostrato dal suo sentimento da fregarsene ormai di qualsiasi cosa (egualmente mi spiace morte et vita), forse perfino della bellezza del verso (che per molto tempo è stata l’unica cosa di cui ancora gli importasse qualcosa) e prorompeva in un tanto brutto quanto sincero: in questo stato sono donna per voi.
Ecco, m’hai ridotto a ‘sta schifezza, et odio me stesso et amo altrui, bella cosa l’amore, eh, veramente, più mi rende odioso a me stesso e più amo la persona che così odioso mi rende.
È la descrizione perfetta di un circolo vizioso, di un calvario infinito, a leggerla bene, questa poesia, l’amore viene da augurarlo ai nemici, altro che a se stessi.
E Tu m'hai si piena di dolor la mente di Cavalcanti dove la mettiamo?
E’ mi duol che ti convien morire
per questa fiera donna, che nïente
par che piatate di te voglia udire – .
I primi stilnovisti sono perfetti, i migliori a dire che c’è un grado di crudeltà ENORME in chi ignora i sentimenti dell’altro e che per paradosso più si viene ignorati, più quei sentimenti crescono di intensità. Che è un meccanismo umano FEROCE. Gli stilnovisti mettono a fuoco la cosa più terribile e faticosa da capire nella vita, quella che dà lavoro a legioni di psicoterapeuti e dà da fare agli assassini di donne: il tuo desiderio non è normativo per l'altro.
Quindi che li abbiamo letti a fare i poeti se abbiamo capito che l’amore è una cosa meravigliosa?
La letteratura, l’arte, la poesia, ci dicono che se proprio vogliamo classificare un sentimento così ambiguo, polivalente, polisemico, forse dovremmo collocarlo dalle parti del sublime, non del bello e nemmeno del buono: c’è da restarne incantati per la possenza, ma anche da averne molta paura, meglio guardarlo da una certa distanza che finirci dentro. Forse la letteratura cerca di farci capire che questa parola, “amore”, è una parola ameba: una parola che finché non la cali in un contesto preciso, significa tutto e niente, danno come vantaggio, pericolo come salvezza, gioia come dolore.
Se davvero può educarci a qualcosa, io penso che leggere poesia o letteratura possa educarci alla clemenza verso chi ci ama non corrisposto e alla clemenza verso chi a un certo punto abbandoniamo.
E il bello è che questa miserrima ragazza (ahi, lassa!) si è comportata proprio con quella splendida clemenza. Giulia è stata un cor gentile a cui rempara sempre Amore. Giulia si è comportata esattamente come una persona che ha letto BENE i poeti e i romanzi, come una persona che HA AVUTO un’educazione sentimentale, una persona capace di mettersi nei panni dell’altro, di empatizzare: una persona con cui l’educazione sentimentale fornita dall’istruzione, dalla famiglia, dai buoni esempi HA FUNZIONATO.
Ad ascoltare quel messaggio, a me pare (per quello che la vicenda mi consente di sapere di lei) che sia morta una ragazza che ha avuto una VERA educazione sentimentale. Una ragazza capace di sentire con chiarezza sé stessa e allo stesso tempo anche l’altro, una ragazza che, ci dice quel messaggio straziante, conosceva i sentimenti, i propri e quelli altrui. Per questo è uno strazio: è morta una dei giusti proprio mentre si comportava da giusta. Fa malissimo. Fa talmente male che adesso a tutti sta venendo voglia di usare la letteratura, la poesia (e dunque l’istruzione, o una parte di essa) come strumenti utili a identificare i “segnali”. È più che comprensibile, ma è una forma di isteria collettiva, comprensibile, ma pur sempre isteria. Il male accade, e quando accade a persone così belle come deve essere stata questa ragazza, è ancora più orribile. Forse la letteratura, la poesia, l’arte servono (se davvero servono a qualcosa, e io spero che non servano a niente e continuino per sempre a non servire a niente e temo il giorno in cui serviranno a qualcosa perché smetteranno di piacerci universalmente e senza concetto, di godere di finalità senza scopo ecc. Ecc.) a diventare belli come Giulia Cecchetin, però purtroppo non a salvarla.