Tuffi/24
El Juicio, teatro psicologo, Zerocalcare Lucca, barzellette concettuali, Sigonella FPLP
Questo è Tuffi! Demordiamo.
Io sono Vittorio Ray, questa è Tuffi, la newsletter de Il Tuffatore.
Questa introduzione circolarmente didascalica e morettianamente autoreferenziale è un tentativo di SEO, se vuoi ti puoi iscrivere qui sotto.
Ho visto un film bellissimo, El Juicio, di Ulises De La Orden (tra l’altro, che cacchio di nome ha questo regista? Ed è anche un bellissimo uomo, cioè più che altro ha la fisionomia dell'uomo giusto, il San Giuseppe moderno. E in più di nome si chiama Ulises. E in più di cognome De La Orden. Quando uno dice tutte le fortune.)
È un film documentario sul primo processo ai responsabili della dittatura argentina. 180 minuti di filmati dall’aula di tribunale in cui venivano a testimoniare le vittime sopravvissute di torture, violenze sessuali, o i familiari di persone scomparse e ritrovate in mare, ritrovate a pezzi, o più spesso mai ritrovate (i desaparecidos).
La mia impressione agghiacciata all’uscita del film è soprattutto la misura della mia ignoranza storica e del riflesso di superiorità che abbiamo noi occidentali. Provo a sintetizzarla: quando vedo le immagini di quelli dell’Isis, una piccola ma non irrilevante parte del mio cervello è convinta che in fondo noi non saremmo davvero capaci di fare una cosa del genere. Insomma, non è un caso che l’Isis sia nata lì e non qui.
Poi uno vede questo documentario, dove questi fatti sono successi in Argentina, il posto nel mondo più simile a noi - non noi generici occidentali ma proprio noi Italiani -, ed è successo tra il 1976 e il 1983. Alcuni lettori di questa NL erano già abbondantemente nati.
Insomma, non è un tentativo di riumanizzare i fatti dei miliziani di Hamas, non è un tentativo di riumanizzare gli israeliani che pensano di essere più umani perché tra sé e il nemico possono mettere la tecnologia, quindi invece di sparare in faccia col fucile da 5 metri possono usare un semplice joystick, che poi a sua volta innescherà una serie di altre cose che però ormai sono abbastanza lontane nella catena causale da farli sembrare meno mostruosi. Non è per dire niente, è per ricordare l'ennesima banalità, e cioè che è giusto tenere alta l'asticella della nostra aspettativa morale in quanto specie a immagine e somiglianza di, ma è anche giusto ricordarci che non siamo affatto slegati, non siamo affatto altri, dall'Isis, dai militari dell'Esma di Buenos Aires, dalla polizia penitenziaria che dà lo schiaffetto quando passa il carcerato, da ogni piccolo privato stupratore.
[Non so dove e quando sarà disponibile il film di Ulises De La Orden (che cacchio di nome stupendo, non ci posso pensare), ma per chi fosse interessato all’argomento, esiste una versione più pop di questo film: si chiama “Argentina, 1985” ed è su Prime Video. È anche stato prodotto da Prime Video Argentina, quindi ha quelle luci netflixiane/primiane un po’ di m**da, però non è male].
Sono un po’ deluso dalla risposta di Zerocalcare alle critiche per la mancata partecipazione al Lucca Comics, che come sempre (🥱) sono sfociate in accuse di antisemitismo. Premessa: mi rendo conto che ZC ha un seguito enorme, e che da quella posizione è già incredibilmente tantissimo fare quello che ha fatto (non andare al Lucca Comics perché sponsorizzato dall’ambasciata di Israele) e che fa ogni giorno. Sì: per qualità e diffusione delle sue idee, è senz’altro l’intellettuale più rilevante e interessante d’Italia.
Il punto è che è stata un’occasione mancata per parlare di antisionismo, la ciccia del problema. ZC, in questa risposta a fumetti, dice che 1. è preoccupato per quello che succede a Gaza in queste ore, e 2. che lui non è affatto antisemita perché anzi, i suoi idoli della resistenza della seconda guerra mondiale sono gli ebrei del ghetto di Varsavia.
Il problema di 1, lo ridico di nuovo, è che l’attacco del 7 ottobre dei Palestinesi era ovvio che portasse a una crudele e immediata rappresaglia a Gaza. I Palestinesi non hanno fatto la barbarie che hanno fatto perché noi ci preoccupassimo che Israele non esagerasse con la ovvia rappresaglia. Quella, è ovvio, “se la sono cercata”. Quello che non si sono cercati sono i 70 anni di occupazione. Il motivo, se vogliamo sforzarci di fare il passetto mentale, per cui hanno fatto quella barbarie è perché noi ci preoccupassimo del core business di Israele, dell’apartheid strutturale, costitutiva, di gente che 70 anni fa ha recintato un pezzo di terra a caso e ha detto “questo, da adesso, è lo stato degli ebrei”. Ma non lo dico io, lo dicono loro: c’è questo bellissimo articolo di Gideon Levy, ebreo israeliano, che tutti dovrebbero leggere e far leggere. Si chiama “La legge che dice la verità su Israele”. Il problema non è Netanyahu, non sono quelli che chiamiamo “coloni”, cioè quelli che ogni giorno semplicemente ricreano un pezzettino di quello che creò Israele 70 anni fa. Il problema è strutturale, non riguarda i singoli cattivi e “di destra” e non riguarda l’oggi; il problema è stato ed è ancora voler imporre uno stato etnico, quale è costitutivamente Israele, in un posto dove di etnie ce ne sono tante, e di religioni tantissime.
Il problema del punto 2 è che se stiamo parlando di sionismo (Israele) e qualcuno ti accusa (qualcuno che lo faccia non per sincera ignoranza ma con malizia, insomma qualcuno che abbia almeno concluso le scuole elementari) di antisemitismo, non bisogna rispondere seriamente, col cappello in mano, implorando di convincerlo che non si è antisemiti. Bisognerebbe avere la lucidità di ridergli in faccia, di fare una pernacchia, di cambiare stanza. Perché se ci si abbassa ogni volta a giocare al livello di quella trappoluccia concettuale, alla fine le si dà esattamente la dignità che non merita.
Su questo punto dell’antisionismo, cioè sulla sua dicibilità in pubblico, è chiaro che siamo tornati indietro. Non so se è un’allucinazione, ma mi pare che fino a 5, 10 anni fa fosse chiaro a tutti e pacificamente affermabile che una cosa è odiare gli ebrei (antisemitismo) e una cosa è odiare il progetto razziale di uno stato esclusivamente per gli ebrei (antisionismo). Viceversa, sarebbe come dire che non si può odiare l’Iran degli Ayatollah perché altrimenti ci macchiamo di islamofobia: un’assurdità concettuale alla quale non concederemmo neanche un briciolo di dignità; una barzelletta.
Bene, la prima barzelletta invece sta diventando, anzi è completamente diventata, di nuovo egemone sui grandi media. A questo proposito, aggiungiamo una cosa: per come stanno le cose adesso questa trappola è estremamente funzionale agli interessi di Israele. Ma un domani che i rapporti di forza globali dovessero cambiare, questo virus concettuale coltivato in laboratorio rischia di innescare una nuova pandemia di antisemitismo. Se le persone a cui avete insegnato che ebraismo = sionismo, a un certo punto per criticare Israele inizieranno a odiare gli ebrei in quanto ebrei, di chi sarà la colpa?
Su questa guerra, soprattutto sul suo potenziale allargamento, più o meno freddo, armato o solo concettuale, è anche in ballo l’identità italiana.
Piccolo inciso storico: nella tradizione dell’orgoglio nazionale italiano si ricorda spesso l’episodio di Sigonella, come esempio di dignità, sovranità, coraggio delle istituzioni e non-sudditanza al capobastone. Meno noto invece è il contenuto di quell’aereo dirottato. Cosa c’era custodito di così prezioso che valesse la pena di farci litigare e ribellarci agli ordini del nostro migliore amico?
C’era Abu Abbas, fondatore e leader del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina - tra l’altro, partito laicissimo e di orientamento socialista (altro che Hamas). Abu Abbas che gli USA volevano estradare, e al quale l’Italia offrì invece una protezione diplomatica.
Questo episodio, credo abbastanza rappresentativo, ci ricorda che più in generale la nostra storia e la nostra continua, rinnovata vocazione geopolitica è quella di essere un ponte nel Mediterraneo. Adesso la nostra grande visione internazionale è racchiusa (senza ancora aver capito in cosa consista, ma vabbè) nel “Piano Mattei”: bene, cosa faceva Enrico Mattei dalla mattina alla sera se non tessere rapporti con la sponda sud del Mediterraneo, provando a rosicchiare terreno alle superpotenze occidentali che escludevano l’Italia e offrivano condizioni molto più vessatorie ai paesi di estrazione delle materie prime?
Insomma, la storia del nostro relativo benessere economico pur preservando lo stile di vita più spensierato e saporito del mondo è la storia del nostro rapporto col Mediterraneo, quindi con gli arabi, l’Islam, l’Africa. Ed è vero che le cose cambiano, le dinamiche cambiano, etc., ma prima di prendere posizioni ottuse e di tagliare i ponti concettuali con i nostri vicini di casa, pensiamoci bene. Ne va della nostra identità, delle nostre aspirazioni e dell’unica ragione per cui non siamo solo il lido balneare dove i mitteleuropei vengono in pensione a scaccolarsi.
Rassegna: Lo so che non lo avete ancora letto tutti. Leggetelo e fatelo leggere. https://www.internazionale.it/opinione/gideon-levy/2018/07/19/israele-legge-nazione
Sono molto contento che tu sia tornato a fare i grafici (ho perso qualche puntata di Tuffi, ma volevo segnalartelo).