"QUESTO è MORNING, COMINCIAMO!!!"
No dai, scherzo. A proposito, un piccolo commento su Francesco Costa (autore di Morning, un podcast molto seguito de Il Post, che inizia con la frasetta qui sopra). Dalle poche ma non pochissime puntate della rassegna che ho ascoltato, Costa mi pare un giornalista molto professionale e bravo a mettere i puntini sulle 'i': ad esempio, quando qualche personaggio cerca di essere vago con le sue dichiarazioni, Costa è puntuale nel sollevare il ditino della logica e dire che in effetti questo e quest'altro, e che le cose in realtà stanno così e non proprio cosà. Però non l'ho mai sentito prendere un foglio bianco e metterci lui le lettere e le parole, illuminare una questione con una luce diversa, capovolgere radicalmente una prospettiva - forse perché è troppo professionale e legato ad una deontologia giornalistica che non può permettersi di invadere o tuffarsi in altri campi.
Qui invece, come avrete capito, siamo fieri sostenitori del dilettantismo senza confini, e in questa dilettanza e ambizione altissima speriamo, una volta su 100, di offrire uno spunto radicalmente interessante, diverso.
E allora Questo è Tuffi! Ripieghiamo.
[Per chi non lo sapesse, Il Tuffatore prende il nome dall’album di Flavio Giurato, fratello di Luca Giurato; quel Luca Giurato. Flavio cantautore che definiremmo di media bravura, se non fosse che nel 1982 ha fatto questo album di una bellezza non misurabile].
[Mi scuso in anticipo per tutto ciò che potrà venire, dagli errori grammaticali, sintattici o tecnici alla povertà di contenuti, alla irregolarità della frequenza, etc. Ogni scambio, parere o consiglio è benvenuto. Grazie della carità e della fiducia.]
A fine aprile è uscito un bell'articolo di Harari sull'Economist, a proposito di IA. Il cuore dell'articolo è sul rischio di una tecnologia che ruba per la prima volta un elemento fondativo dell'unicità della specie umana: la capacità di creare significati, discorsi, storytelling. Prospettiva interessante, complicata. (Sul rapporto tra IA e possibilità di coscienza, rimandiamo a una lezione piuttosto lunghetta e piuttosto esaustiva di D. Chalmers, link al pdf qui).
Un'altra cosa carina dell'articolo di Harari è questo passaggio in cui descrive la IA come oracolo. Non è una metafora difficilissima, se ci sforzavamo la poteva fare pure qualcuno di noi, però l'ha fatta lui e in effetti è proprio calzante - e più le dimensioni del cervello dell'IA si espanderanno, più mi sembra naturalissimo che ci rivolgeremo a un'entità così più grande di noi in termini di adorazione oracolare.
Per anni ci siamo detti che mentre la fruizione della TV è passiva perché uno la accende e poi si sdraia sul divano, internet richiede una certa interazione attiva da parte dell’utente, che è sempre il soggetto che cerca minuziosamente il contenuto in un grande archivio. Ecco, forse siamo arrivati a un internet in cui finalmente, evolutivamente (si risparmia un sacco di energia mentale), possiamo porre un problema minimo, una qualsiasi necessità o bisogno (e magari sarà lui stesso ad accorgersene, ad esempio tramite qualche valore registrato da smartwatch) e poi subito arrenderci tra le sue braccia, senza dover scegliere tra milioni di risultati.
Ho appreso, da un intervento di Paolo Mossetti al Festival di Antropologia, che la parola “complottismo” in Italia viene coniata nel 1990 in un articolo di Giorgio Bocca. Questa data, 1990, mi ha fatto venire in mente un’ipotesi. Crollo del muro di Berlino, 1989. Potrebbe darsi che finché esistevano due (o più) sistemi di pensiero possibili, verosimili, che discutevano e competevano per avvicinarsi alla verità, eravamo mentalmente più aperti al dubbio, il nostro schema di riferimento era più poroso? E poi, da quando la dualità è venuta meno, un sistema è diventato assolutamente vero, e tutti gli altri indiscutibilmente falsi - e mentre quello vero non ha più dovuto fare nessun lavoro di automiglioramento strutturale, ma si è solo dovuto preoccupare di fare opera di polizia e pattugliamento verso le teorie false, quelli falsi non hanno più avuto un vero stimolo a rendersi più verosimili, ma piuttosto hanno avuto solo l’interesse pragmatico a federare quante più assurdità possibili, per sopravvivere nel durissimo sottomondo di marginalità (cioè di illegalità, cioè quello che vive nell’accusa di complottismo) in cui sono state relegate?
È un’ipotesi. Pensiamoci.
Sto leggendo un libro che si chiama “La fine della fine della storia - Lo strano ritorno della politica nel XXI secolo”. Riporto un passo bello.
La mancanza di un senso del futuro, l’eterno presente di quei decenni, hanno fatto sì che anche le concezioni della storia cambiassero. Mark Fisher, con molta arguzia, ha chiamato quello spirito del tempo «edonia depressa». Non è che le persone non fossero in grado di provare piacere, piuttosto non sembravano in grado di fare qualsiasi altra cosa che non fosse ricercare il piacere.
In particolare, mi piace molto la parola Edonia. ‘Edonismo’ è sempre stato un po’ troppo da fichi baccanti glamour autocompiaciuti à la Pete Doherty dei tempi d’oro, “beh sì sai il mio più grande difetto è che soffro una cifra di edonismo anzi scusami devo scappare a fare l’amore con altre persone con l’edonismo poi ci sentiamo con calma”.
Invece no, zio. C’hai semplicemente l'edonia.
Ultimamente serpeggia un po' di tristezza negli occhi delle cassiere del supermercato. Sentono che il loro ruolo storico sta scomparendo, le macchine self-service sono già pronte nelle corsie a fianco. Potrebbero odiarle, sabotarle, ma non gli va. Un dettaglio di questa stanchezza ci salta all'occhio: fino a pochi anni fa, quando c'erano due o più prodotti uguali che avanzavano sul nastro, ogni cassiera sufficientemente navigata faceva quella mossa geostrategica di impostare la moltiplicazione nella cassa per poi poter battere un solo prodotto e "bypassare", aumma aumma, quelli dietro. Non lo fa più nessuna. C'è aria di resa.